D’Onofrio: Tra emergenza economica e nuovi equilibri politici

Le vicende degli ultimi giorni sono state valutate da molti punti di vista, perché si è trattato di avvenimenti di rilevante significato politico generale. È emersa in modo virulento l’antica questione del rapporto tra tecnica e politica. Questa potrà essere esaminata compiutamente tra qualche tempo, anche se si tratta di una questione antica. Il rapporto tra politica e pre-politica (che continua ad essere un punto di fondamentale significato per l’esperienza sociale dei cattolici italiani) sarà a sua volta oggetto di una specifica valutazione tra qualche tempo, una volta terminata l’emotività del momento.

Appare di conseguenza necessario soffermarsi oggi su una questione più strettamente legata alla specifica contingenza politico-costituzionale rappresentata da un lato dal Governo Monti e, dall’altro, dalla maggioranza parlamentare proprio da Monti definita “strana”.
 Si tratta in effetti della questione stessa del significato che è stato attribuito all’avvento di Monti e del suo governo nel contesto politico-istituzionale italiano della fine dello scorso anno.
Vi è stato chi soprattutto nel Pd – ha deciso di sostenere Monti anche perché il suo governo consentiva di accantonare Berlusconi e il suo governo, ritenuto causa della straordinaria crisi finanziaria italiana. Vi è stato d’altra parte chi non accettava ufficialmente di sentirsi causa della crisi finanziaria, pur finendo con l’ammettere che il contesto europeo rendeva in qualche modo necessario l’avvento stesso di Monti. Vi è stato infine chi – soprattutto noi del Terzo Polo – ha visto nell’avvento del governo Monti contestualmente la necessità di reagire alla straordinaria emergenza economica e l’avvio di una nuova fase politica generale.
Queste tre distinte visioni poste a sostegno parlamentare di Monti hanno consentito (e probabilmente continueranno a consentire) la vita del suo governo, sostanzialmente per obiettivi politici non coincidenti, soprattutto per quel che concerne il dopo Monti.
In qualche modo fin dall’inizio dell’esperimento Monti si poteva distinguere una sorta di consenso al governo proprio perché presieduto da Monti, e non in quanto governo tecnico, e men che meno quale iniziatore di una fase politica nella quale Pd e Pdl non avrebbero potuto in alcun modo riproporre il sistema di alleanze con il quale essi si erano presentati alle elezioni politiche del 2008. Tra emergenza economica e nuovi equilibri politici vi è stato di conseguenza una sorta di schermo, che si è potuto tenere in vita fin tanto che si da vita alla adozione di provvedimenti ritenuti essenziali per il risanamento economico-finanziario, perché questo costituiva (e costituisce) una sorta di minimo comun denominatore politico del sostegno parlamentare al Governo Monti medesimo.

Si tratta in sostanza della questione stessa della identificazione dell’obiettivo complessivo del governo: solo e soltanto provvedimenti comunemente ritenuti di risanamento economico-finanziario (come sembra essere il caso del mancato incontro di Monti con i leaders di Pdl, Terzo Polo e Pd) o anche provvedimenti politici non strettamente rientranti in una visione economico-monetaria della politica italiana (come si può affermare a proposito del sistema dell’informazione e del complessivo sistema della giustizia)? Non si può certamente ritenere che vi siano oggetti di iniziativa politica, anche se prevalentemente parlamentare, rispetto ai quali il governo debba per così dire rimanere silenzioso.
Non si può infatti (almeno da un punto di vista strettamente costituzionale) ritenere che vi siano oggetti per loro natura estranei all’indirizzo politico del governo: non esistono infatti governi per così dire “ad acta”, ma solo commissari”ad acta”. E questo non è il caso del Governo Monti. Si può però distinguere molto rigidamente tra emergenza economico-finanziaria da un lato, e nuovi equilibri politici dall’altro. È questo infatti il punto sul quale tendono a divergere le posizioni politiche di Pdl, Terzo Polo e Pd. In questo tormentato passaggio non sorprende pertanto che vi siano sia tentazioni di considerare il governo Monti una sorta di parentesi, conclusa la quale si possa tranquillamente (anche se illusoriamente) tornare a quel che accadeva prima; sia ipotesi di equilibri nuovi pur sempre imperniati su un partito, che, per il solo fatto di essere anche se solo numericamente più grande di altri partiti, ritiene di essere fondamentale per il governo dell’Italia del dopo Monti; sia il non facile lavoro di costruzione di un soggetto politico nuovo, che prenda atto del fallimento formale e sostanziale del vecchio bipolarismo della cosiddetta Seconda Repubblica.

Siamo dunque ad una sorta di spartiacque tra emergenza economico-finanziaria e nuovi equilibri politici. I “tifosi” del vecchio bipolarismo presenti o meno che siano in Parlamento lavorano per la tesi della parentesi. Coloro che invece ritengono che dopo Monti nulla sarà come prima, sono chiamati ad un complesso esercizio di iniziativa e pazienza.

Di Francesco D’Onofrio, tratto da Liberal del 10 marzo 2012

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