Intervento On. Tassone sulla parità di genere

Signor Presidente, per il nostro gruppo è già intervenuto il collega Occhiuto, io farò alcune valutazioni, che certamente fuoriescono dal coro di ottimismo e di condivisione di questo provvedimento. Tenterò, quindi, di svolgere alcune valutazioni, certamente non positive su questo progetto di legge, apportando il mio contributo maturato nel corso degli anni in quest’Aula parlamentare, quando, con provvedimenti quasi analoghi, ho assunto delle posizioni non di accettazione, non di accoglienza, e ho motivato anche il mio dissenso rispetto a percorsi che, a mio avviso, non erano esaustivi e creavano non poche perplessità e non pochi problemi.
Certamente l’onorevole Occhiuto ha svolto un ragionamento con molta intelligenza e con grande intuizione, dicendo che non è un problema di quote di donne, ma soprattutto di parità di genere. Questo, certo, nasce da un auspicio condiviso, anche se, dopo gli interventi che abbiamo ascoltato, ma anche per come è la storia che ha contrassegnato il Parlamento, non vi è dubbio vi sia una valutazione del tutto particolare che riguarda anche e soprattutto le donne.

Sono convinto, ma perfettamente e profondamente convinto, che la presenza delle donne nella politica sia un fatto fondamentale e necessario. In fondo, la presenza delle donne nella storia, e quindi nell’impegno politico, coincide con i processi anche di democratizzazione all’interno del nostro Paese e non soltanto di quest’ultimo. Certo abbiamo contezza di quello che è successo nell’Inghilterra industrializzata: mi riferisco alla presenza, all’impegno, alla grande battaglia delle donne, delle suffragette. Negli Stati Uniti d’America e in molte parti dell’Europa, questa grande presenza è stata necessaria per sottrarre le donne da una condizione quasi di schiavitù, di marginalità, proprio per recuperare e soprattutto per rivendicare il diritto di voto e, quindi, di partecipazione nella vita politica e sociale all’interno del nostro Paese. Le donne sono delle risorse importanti e fondamentali che qualificano un Paese, le istituzioni di tanti Paesi, ma nella misura in cui tutto questo nasce non da un condizionamento o da una coercizione, ma da un’espressione di grande volontà e, soprattutto, di una libera partecipazione.

Non deve trattarsi di una partecipazione con percorsi definiti, ma di una partecipazione che deve certamente avere luogo attraverso una continua sollecitazione da parte delle formazioni politiche. Questo lo dico per ricordare la storia del passato, per ricordare anche la conquista del voto delle donne con il voto per la Costituente del 1946, il 1948 e così via, quando le donne entravano quindi a pieno titolo nella vicenda e nella storia politica del nostro Paese. Anche allora si poneva il problema della presenza nelle istituzioni, nel Parlamento, nelle autonomie locali, nella vicenda politica. Anche in quel momento, negli anni del dopoguerra, si poneva il grande tema delle selezione della classe dirigente.

Abbiamo sempre detto che la selezione della classe dirigente non può avvenire attraverso atti di imperio, attraverso scelte dall’alto. Abbiamo sempre criticato e abbiamo espresso delle valutazioni estremamente preoccupanti e negative su questa legge elettorale, che è ancora in vigore, dove tutto nasce ovviamente da una decisione e soprattutto da un’indicazione, da una scelta che proviene dall’alto. Ritengo che invece le vere scelte debbano essere fatte nella vicenda politica, da una realtà dei partiti che si deve ricomporre.

Ecco perché forse questo progetto di legge – dico forse anche per prudenza – viene e cade in un momento inopportuno rispetto al quadro politico di riferimento. Abbiamo una situazione politica refrattaria, difficile e stiamo a fatica componendo – e il mio partito è uno dei protagonisti – quella che è la dialettica democratica, il confronto democratico. Abbiamo sempre e continuamente detto che siamo contro la scelta dei deputati, la scelta dei senatori. Abbiamo detto sempre che bisogna restituire la possibilità ai cittadini di scegliere la propria classe dirigente.

Ma la classe dirigente nasce nel momento in cui ha una sua formazione e il ruolo dei partiti politici nel dopoguerra è stato importante, fondamentale e salutare nel creare le condizioni per una partecipazione e un impegno. L’impegno non si può inventare all’ultimo momento, né per un sesso né per un altro. Non si può inventare e non si può assicurare attraverso una semplice norma di legge, ma il processo invece deve essere determinato nella scelta e deve essere garantito sin dalle sue fondamenta.

Ecco perché ero contrario, nel 1995, quando quest’Aula ha approvato la legge che assicurava, che impegnava, che prevedeva come obbligatorio che una certa quota di donne partecipasse alle elezioni regionali. Ricordo che nel listino ci doveva essere una quota e molti partiti – diciamocelo con estrema chiarezza – si sono trovati in difficoltà perché non vi erano delle grandi disponibilità. Questo indicava anche la crisi dei partiti che non avevano preparato e quindi non era pronta ad essere selezionata una classe dirigente di donne. Questo è un dato importante. Ciò avviene continuamente, anche nelle liste delle amministrazioni locali, nel momento in cui nel passato vi era l’obbligatorietà, come qui si evince, della presenza di almeno un terzo di un genere, e quando noi parliamo di genere parliamo ovviamente anche di donne.

Come la mettiamo con i principi della democrazia e della libertà e soprattutto della libera indipendenza dell’elettore? Se ci sono due preferenze, vi deve essere un ruolo dell’elettore. Io sono d’accordo con le colleghe, per carità, quando dicono che in questo caso non si parla di quote, lo diceva anche il mio amico e collega Roberto Occhiuto. Non si parla di quote, ma surrettiziamente si tratta di quote. Surrettiziamente sono delle quote quelle che vengono ad essere previste in questo progetto di legge. Allora, come la mettiamo con la libertà del cittadino elettore? Noi diciamo: tu hai soltanto una preferenza e, se sono due, una preferenza è obbligata, poi, se scegli due dello stesso genere, allora la tua manifestazione di volontà viene ad essere annullata. Questo non dice niente rispetto a quello che deve essere invece un dato formidabile e forte.

Ecco perché nel 1948 e negli anni successivi c’erano quattro preferenze. Allora, avrei capito che noi rivendicassimo per gli enti locali e per le regioni quattro preferenze, care colleghe, e tutto questo doveva presupporre l’impegno dei partiti a creare e a mettere in lista donne e uomini in egual misura e a creare le pari opportunità. Le vere opportunità si determinano semplicemente attraverso questi principi, non attraverso una norma, non attraverso una coercizione, non attraverso un condizionamento dell’altro. Io sono stato sempre contrario a questo tipo di assunto e di metodologia.
Questo discorso porta ad altre valutazioni. L’altro giorno in I Commissione facevo un esempio, le colleghe lo ricorderanno. Mi rivolgo a tutte le colleghe, ma a Sesa Amici che è la prima firmataria della proposta di legge, ma c’è anche la nostra brava onorevole Anna Teresa Formisano. Come la mettiamo se diciamo che bisogna che ci siano anche dei giovani? Infatti, non basta, come abbiamo fatto, abbassare l’età dell’elettorato attivo. E se mancano i giovani, non manca una realtà?
Mi ricordo che nella Democrazia Cristiana, che era un partito interclassista, c’era una varietà di realtà. C’erano le donne, c’erano gli operai, c’erano gli industriali, c’erano gli agricoltori, i coltivatori diretti e c’erano gli agrari. E i giovani? E le giovani donne? Non solo delle categorie e qualcuno mi chiede che cosa significa. Allora io pongo un altro problema al di là se siamo d’accordo o meno per quanto riguarda la cittadinanza e si parla di ius soli e non tanto di ius sanguinis. Qualcuno vorrebbe dare il diritto di voto agli immigrati dopo un periodo di permanenza nel nostro territorio. E se gli immigrati hanno il diritto di voto, mettiamo anche la terza preferenza che deve essere espressa per un immigrato?

Ritengo che questo sia un percorso estremamente difficile, sdrucciolevole e che apre uno sfondo imperscrutabile, perché la Corte costituzionale nel 1995 lo aveva previsto. Fu sollevata questione di legittimità costituzionale e poi ci fu la legge del 2004 che tentò di recuperare il tutto, ma rimangono alcuni principi fondamentali, che a mio avviso sono violati. Ecco perché lancio alcune preoccupazioni e l’ho voluto fare in questo particolare momento. Dovevo essere a Catanzaro perché c’era un importante incontro della FIDAPA, la cui coordinatrice è la nostra amica, autorevolissima, Marisa Fagà, alla presenza del Ministro della giustizia, dove si parlava di questi problemi.
Non è che io sono contrario per principio, ma sono contrario per difendere i sessi, per difendere i generi. Al di là di qualche commento di dissenso, questo è un percorso che tutti quanti dovreste rifiutare, per la stessa dignità, dove i recinti, le coercizioni e le norme certamente non valgono a rinnovare il Paese. Rinnovo il Paese perché questo è scritto in una norma? Da domani tutti saggi, tutti importanti e tutti belli: lo scrivo in una norma e siamo tutti saggi e tutti belli? Non è questo! È un dato di conquiste e di conquiste di agibilità perché con queste norme certamente non si crea una situazione di agibilità. Quindi, il problema certamente va ai partiti, che si debbono ricomporre, fare il loro lavoro e il loro percorso. Debbono affrontare le sfide del proprio tempo, ovviamente allargando la base, dando certamente le varie condizioni e possibilità nelle candidature attraverso, come dicevo poc’anzi, una formazione. Lo dico con estrema chiarezza perché sono convinto che le donne non meritino di essere messe o proposte per un recinto, dove si attinge. Bisogna garantirle, perché certamente anch’io credo nella specificità.

Ecco perché bisogna creare le condizioni e soprattutto anche una serie di provvedimenti e di provvidenze che mettano le donne nelle stesse condizioni degli altri. Ma se le persone non vogliono fare politica e non si vogliono impegnare non ce lo possiamo inventare. A me, nella mia esperienza politica, è accaduto che ci siamo dovuti inventare delle candidate e certamente non abbiamo risolto nessun problema, né del genere maschile, né tantomeno del genere femminile.
Questo ve lo dico con estrema chiarezza. Se questa è una manifestazione di propaganda va bene anche questo, ma non credo che le presentatrici, che stimo, di queste proposte di legge abbiano avuto questa intenzione e, anzi, sono animate dalle più sagge e sane intenzioni. Lo dico con estrema chiarezza. Abbiamo una visione diversa, ma ho lo stesso obiettivo: voi volete che le donne abbiano la loro importanza e il loro ruolo in politica. È la mia stessa visione, lo stesso mio impegno e lo stesso mio convincimento. Però, non automaticamente né per un condizionamento di norme, ma attraverso un forte esame di coscienza, perché in questo momento, approvando il provvedimento in esame, avremmo potuto chiudere la partita con questo tema, ma altri temi e altri problemi si aprirebbero alla nostra attenzione e al nostro impegno.

Signor Presidente, esprimerò poi, alla fine dell’esame di questo provvedimento, una dichiarazione di voto in dissenso con dal mio gruppo, proprio per essere coerente con tanti anni di vita parlamentare, perché in ogni occasione ho espresso queste mie idee. Lo faccio senza infingimenti, senza riserve mentali, senza alcun tipo di preconcetto nei confronti di nessuno. Ho una mia visione, giusta o sbagliata, ma è una visione che elaboro da una mia libera scelta. È una mia visione che nasce da una libera scelta, perché so che quando non vi è una libera scelta tutto diventa complicato, anche per la vicenda e la storia democratica di questo nostro Paese.

 

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