Si avverte una qualche improvvisa riedizione del vecchio bipolarismo (Pd-Pdl), che dovrebbe persino costituire la proposta politica per gli elettori chiamati a votare nelle prossime elezioni politiche generali.
Ad una primissima valutazione dei risultati delle ultime elezioni amministrative, è infatti risultato del tutto chiaro il successo, forse non soltanto elettorale, delle liste del Movimento 5 Stelle, che ha finito con il catalizzare l’attenzione – forse persino morbosa – degli analisti politici; dei emergono molti altri profili giornalisti; dei mezzi tradizionali di comunicazione; dei più recenti “social networks”.
Man mano che si passa ad una più attenta valutazione del risultato amministrativo medesimo, prevalentemente locali – del voto medesimo. Non è questa la sede per un tentativo di valutazione complessiva del voto amministrativo, proprio perché si è trattato e si tratta di un fenomeno molto più articolato di quel che è immediatamente apparso in termini riassuntivi. Da questo punto di vista, appare comunque evidente che si è trattato di un voto che ha registrato un risultato significativo delle liste del Movimento 5 Stelle, soprattutto nel centro-nord.
Questo punto in particolare merita una più attenta riflessione, perché ha dimostrato ancora una volta che le due Italie – centro-nord e centrosud – si manifestano in modo notevolmente differenziato anche nelle elezioni locali. Contestualmente è stata rilevata l’entità rilevante ma non straordinaria delle astensioni dal voto, contrariamente a quanto era apparso deducibile dai sondaggi compiuti nelle settimane immediatamente precedenti il voto amministrativo.
Ma quel che più conta in questa sede è la constatazione del sostanziale dissolversi proprio di quel bipolarismo che aveva caratterizzato la vita politica italiana nel corso degli ultimi anni. Sorprende, pertanto, che appaia riproposta l’eventualità di procedere ad un voto politico, in qualche modo anticipato rispetto al 2013, con due schieramenti contrapposti tendenti persino a riprodurre il vecchio scontro PdPdl che aveva caratterizzato le elezioni politiche del 2008.
Quelle elezioni avevano infatti rappresentato in un certo senso il punto di arrivo dell’anomalo bipolarismo italiano, che aveva caratterizzato la nostra vita politica dal 1994 in poi. Non si tratta, infatti, di essere contrari in via di principio alla presenza di proposte politiche anche alternative, e quindi non vi è nessuna pregiudiziale avversione ad un esito bipolare della vita politica italiana. Quel che si contestava nel 2008 (e che le ultime elezioni amministrative hanno dimostrato essere vero) è stata proprio la pretesa ideologica di strutturare il sistema politico italiano, o sulla base della vecchia idea marxista del progressismo, inteso in senso di filosofia della storia fondata sulla lotta di classe, o sulla base di un modello – apparentemente americano – del cartello elettorale sostitutivo di una qualunque omogeneità della proposta politica di fondo. Vecchia, dunque, era ed è una proposta politica che nasce comunque da quella filosofia della storia e che quindi vede, da un lato, coloro che si continuano a definire “i progressisti” e, dall’altro, quelli che finiscono pertanto con l’essere considerati “i regressisti”.
Vecchia anche la proposta del bipolarismo costruito, a sua volta, quasi esclusivamente in funzione di un anti-comunismo ormai solo ideologico, capace di tenere insieme soggetti anche culturalmente e storicamente disomogenei, perché sempre utili nella logica del cartello elettorale. Le straordinarie novità con le quali occorre confrontarsi culturale prima ancora che politico – della filosofia della storia, che è stata posta a base dello stesso Partito comunista italiano, e che sembra sopravvivere in Italia nonostante le durissime repliche della storia, dalla caduta del Muro di Berlino alla conclusione stessa dell’esperienza sovietica. Vecchio del pari è l’ideologismo di quanti operano nel solco del pensiero ottocentesco, che ha visto contrapporre comunismo ad anti-comunismo, quasi che la storia dell’umanità non possa conoscere soluzioni diverse dall’uno e dall’altro.
ll Governo Monti richiama quasi brutalmente alla novità divenuta sempre più impellente: il processo di integrazione europea non consente più partiti e movimenti politici che non pongano l’integrazione europea medesima al centro della propria proposta politica. Le novità del tempo presente dimostrano infatti che anche in Italia occorre essere preventivamente favorevoli o contrari al processo di integrazione medesimo, e che solo in un secondo momento si possono proporre soluzioni diverse le une dalle altre, ma tutte comunque dentro l’orizzonte del processo di integrazione.
È questa infatti la straordinaria novità, anche costituzionale del Governo Monti, ed è per questo che appare del tutto stravagante l’ipotesi stessa di andare alle prossime elezioni politiche con i due vecchi Poli. L’uno deve infatti dimostrare cosa significa essere oggi di sinistra dentro il contesto dell’integrazione europea; l’altro non può contenere al proprio interno chi è favorevole ad un processo di integrazione che assume gli Stati per come essi sono oggi; e chi è invece favorevole ad una scomposizione dell’unità nazionale medesima in più Stati.
La scelta europeistica aveva rappresentato una straordinaria novità nel corso degli anni Cinquanta, ed è stata a lungo contrastata, da un lato, da quanti si definivano progressisti in chiave filo sovietica e, dall’altro, da quanti si definivano italiani in senso nazionalistico, in qualche modo sull’onda dell’esperienza fascista. Non è da un lato con la nostalgia di quella filosofia della storia, e dall’altro con questa idea di Nazione, che si può attrezzare l’Italia per una partecipazione dignitosa alla costruzione della fase attuale che il processo di integrazione europea vive nel contesto di una globalizzazione sempre più finanziaria.
Queste sono le sfide di fronte alle quali ci troviamo oggi, e non è certo che esse possono essere vinte con la testa rivolta all’indietro. Non è infatti con il vecchio bipolarismo che si possono affrontare le sfide nuove. Abbiamo bisogno di valori che possono essere anche antichi, ma non di proposte politiche che finiscono con l’essere quelle vecchie.
Di Francesco D’Onofrio, tratto dal Liberal del 12 maggio 2012