Intervento On. Tassone sulle disposizioni urgenti recanti integrazioni al decreto-legge n. 1 del 2012 e al decreto-legge n. 201 del 2011

Signor Presidente, questo provvedimento sollecita una serie di valutazioni; a tale riguardo non c’è dubbio (mi riferisco a valutazioni serrate, quindi, molto serie) che esse debbano sfuggire al tentativo di abbandonarsi a considerazioni di circostanza o di occasione, che hanno più il sapore di forzature di parte e che, quindi, non sono una ricerca seria rispetto alla problematica che questo provvedimento di urgenza pone alla nostra attenzione.

Il relatore Strizzolo all’inizio ricordava che questo provvedimento nasce da un ordine nel giorno, con primo firmatario l’onorevole Fluvi e firmatario anche l’onorevole Cera del mio gruppo. Forse questo è un dato da ascrivere come momento importante, perché un atto di indirizzo parlamentare si traduce in un intervento e, quindi, in un provvedimento di urgenza, qual è il disegno di legge di conversione che noi stiamo affrontando in questo particolare momento.

Vi sono temi ed argomenti più volte avanzati in tante occasioni, in questa legislatura ed anche nelle altre: il rapporto tra credito e impresa, la concessione del credito, l’affidamento del credito e, quindi, lo sviluppo e la crescita. Sono aspetti e sono dati ricorrenti che non scopriamo in questo particolare momento. Se vi sono delle responsabilità di «disattenzione» – uso un eufemismo ovviamente – è da ascrivere ad una platea più vasta, ad uno scenario più vasto e non bisogna fare riferimento a questo Governo, anche per l’esiguità del tempo che ha avuto a sua disposizione per iniziative di questo genere.

Allora non c’è dubbio che dobbiamo perseguire con sforzo e soprattutto con una certa riflessione, a cui mi richiamavo poc’anzi, una prospettiva di sviluppo e di crescita. Questo è un dato costante, che ritorna continuamente anche nel dibattito politico che si sta rafforzando ed evidenziando, anche in questi giorni, non soltanto nel nostro Paese, ma anche in altri Paesi che sono interessati e saranno interessati a scadenze elettorali. Non c’è dubbio che il dato della crescita e dello sviluppo è un momento importante e fondamentale perché, dopo il rigore, certamente, tutto questo ha senso e significato se è accompagnato da un processo, come dicevo poc’anzi, di sviluppo e di crescita all’interno del nostro Paese.

Quando parliamo di questi temi, parliamo certamente del credito e dell’impresa. Questa è una problematica che ci fa pensare e soprattutto ci fa andare verso delle considerazioni, che a mio avviso sono opportune.

Provengo da una particolare situazione territoriale, da una regione meridionale, con riferimento alla quale abbiamo visto più volte come il credito o le banche si sono sviluppate e comportate in termini quasi di esclusività e di assoluto isolamento, senza quella compenetrazione con taluni processi che dovevano essere accompagnati e di cui gli istituti di credito dovevano essere parte, insieme all’avvio di un sistema di avanzamento e sviluppo.

Quante volte abbiamo detto, signor Presidente, che vi sono state differenti posizioni, soprattutto un diverso trattamento tra regione e regione; quante volte abbiamo detto che le difficoltà di accesso al credito nelle regioni meridionali erano diverse, almeno per quanto riguarda il tasso, rispetto a quelle delle regioni del Nord; è una differente situazione, che creava, ha creato e sta creando delle situazioni disarticolate e non

armonizzate, delle sacche di ingiustizia, delle marce a doppia velocità tra alcune regioni del Nord e alcune regioni del Sud.

E poi vi è anche un dato che abbiamo sempre sottolineato e che si impone anche in ordine a questo provvedimento, almeno credo: il primato della politica rispetto all’economia. Quando parliamo del credito allo sviluppo, di credito e piccole imprese, dell’affidamento del credito e quindi degli strumenti e delle garanzie, affinché si possano raggiungere, fruendo del credito, gli obiettivi della crescita e dello sviluppo, non c’è dubbio che il nodo fondamentale che è sempre emerso, anche nei nostri confronti ma anche nel dibattito generale del nostro Paese, è il primato dell’economia o degli interessi di carattere finanziario in astratto, rispetto alle scelte di carattere politico e, ahimè, nel passato e anche nel presente, alcuni interessi degli istituti e soprattutto delle banche hanno prevalso sulla politica. Non c’è dubbio che, se questo è un provvedimento che fa giustizia e risolve questo tipo di contrapposizione e dicotomia, ha un senso e ha un significato rispetto anche ad uno sviluppo che non è soltanto economico, ma è uno sviluppo umano perché, nel momento in cui il rapporto tra il credito e le piccole e medie imprese e quindi la tutela di una pluralità di soggetti e quindi l’aspetto umano e l’uomo assumono una centralità, non c’è dubbio che qui si converte non soltanto il dato dell’economia propriamente detta ma si converte un rapporto economico, politico e sociale rispetto ad un processo serio di sviluppo che non è soltanto un ritorno di carattere finanziario ma un ritorno di carattere sociale e anche di carattere culturale. Questo è il dato in termini molto precisi e molto puntuali, altrimenti non ci capiremmo e altrimenti qualche collega si abbandonerebbe ad una valutazione certamente seria per alcuni versi ma per altri versi certamente estemporanea. Non c’è dubbio, signor Presidente, che il tema del credito e dunque dell’accesso alla liquidità e della possibilità delle banche esprime una situazione di criticità e certamente in tutto ciò, rispetto alla situazione di criticità e ad una situazione economica di carattere generale, non c’è dubbio che l’iniziativa politica o l’iniziativa parlamentare assumano una particolare ed emblematica importanza, a mio avviso, in termini di un recupero di sensibilità e di attenzione per evitare vecchi monopoli, vecchie incrostazioni di potere, vecchie collocazioni egoistiche e vecchie concezioni di profitto e di speculazione pura e semplice che certamente le banche hanno accumulato nel corso degli anni.

Ricordiamo ad esempio quando si voleva dare ai prefetti – e si è dato ai prefetti – in un certo momento un ruolo di sollecitazione e di controllo affinché il fluire del credito potesse essere garantito, certamente nella trasparenza, attraverso quelle che potevano essere le regole da rispettare.

Questo è stato un momento di certo che ha provocato in questo Parlamento, anche da parte di alcuni di noi, qualche accenno di perplessità, perché i prefetti non potevano in quel momento essere i detentori di grandi iniziative e soprattutto non avevano gli strumenti per fare un’opera di persuasione e di indirizzo. In questo provvedimento viene fuori questo Osservatorio del credito, quindi vi è il superamento di questa impostazione prefettizia che richiamavo poc’anzi e che ha il significato – a mio avviso – sul piano dell’utilità, che ci sia uno sbocco per quanto riguarda il credito che si riferisce dunque al merito e soprattutto alle questioni sociali, che debbono avere una loro tutela e soprattutto una loro considerazione molto forte e molto significativa.
Tutto questo senza dubbio, signor Presidente, signor sottosegretario, risponde pienamente ad una esigenza fondamentale; l’unica preoccupazione è se poi questo Osservatorio riuscirà ovviamente a sviluppare una politica e soprattutto un’azione che raggiunga gli obiettivi che questo provvedimento d’urgenza, questo decreto-legge, esprime e soprattutto contiene nella sua filosofia e nei suoi riferimenti di carattere culturale ed economico.

Allora non c’è il dubbio, signor Presidente, che sono considerazioni che noi facciamo in questo particolare momento, perché non basta semplicemente un provvedimento legislativo, non basta una legge, ma tutto questo deve essere accompagnato da una serie di contorni, di attenzioni da parte del Parlamento e da parte del Governo, che porta una parte di responsabilità. Questo Osservatorio ritengo debba essere composto da un componente del Ministero dell’economia e delle finanze, del Ministero dello sviluppo economico, e delle rappresentanze dei consumatori, dunque c’è una realtà, una presenza importante e significativa ma la platea e lo sbocco ovviamente sono le piccole e medie imprese, che costituiscono l’ossatura importante e fondamentale nell’economia del nostro Paese e sulle quali certamente bisogna puntare per avere – come dicevo poc’anzi – una pluralità di energie da utilizzare e da valorizzare che possa sconfiggere quella che è la piaga della disoccupazione, dell’arretramento sul piano economico e culturale. Così com’è successo molte volte, è una mia valutazione,quanto riguarda il credito c’è stato in un periodo di tempo una cultura che intendeva accorpare gli istituti di credito, eliminare le piccole banche; gli istituti di credito cooperativo ad esempio sono stati visti in un certo momento con grande sospetto e con grande diffidenza. Mi riferisco alla concezione della democrazia, alla concezione della strutturazione e dell’articolazione del nostro Paese, dove il dato economico e quello istituzionale non sono momenti differenziati, ma si devono incontrare in un progetto unico, un progetto di crescita complessiva del nostro Paese.
Volevo anche fare riferimento alle commissioni bancarie. Anche su questo viene dato respiro alle famiglie per quanto riguarda lo sconfinamento dei fidi per i primi sette giorni, per lo sconfinamento di 500 euro. Credo che questo non sia esaustivo e lo considero positivo se può andare avanti, se va al di là di quella che può essere la quantità dello sconfinamento del fido stesso, e del dato temporale.
Credo che sia un segno da scrivere rispetto a quella che era un’ingessatura da parte delle banche, che molte volte rivendicavano un comportamento che era determinato dalle regole della Banca d’Italia.

Non c’è dubbio, signor Presidente, che questa problematica richiama una serie di altri temi che riguardano certamente la crescita del nostro Paese. Voglio, però, richiamare anche un altro problema, cioè quello del debito – che esiste e che anche in questa occasione e in questa circostanza è bene riproporre all’attenzione dei colleghi – che ha lo Stato nei confronti delle imprese, di piccole e medie imprese. È un volume grandissimo e so che c’è allo studio qualche provvedimento concreto. Noi operiamo per quanto riguarda un rapporto tra credito e territorio, tra credito e imprese e sblocchiamo alcune situazioni, creiamo l’Osservatorio, la trasparenza, la garanzia dei flussi, un’assistenza ed una valutazione anche sul piano tecnico. Certamente, tutto ciò rappresenta un fatto importante e significativo, ma c’è questo aspetto sul quale si gioca certamente il futuro delle moltissime piccole e medie imprese, di fornitori di servizi nei confronti della pubblica amministrazione. Questa situazione debitoria della pubblica amministrazione non può essere accettata. E, poi, c’è un altro problema che voglio inserire in questo momento: quando parliamo di situazioni debitorie della pubblica amministrazione, ci riferiamo semplicemente alla pubblica amministrazione centrale? E la vicenda delle regioni? La situazione delle regioni non la guardiamo? Come si può fare una politica economica, una politica di bilancio, un equilibrio di bilancio, una parità di bilancio, come si può fare una politica di sviluppo complessiva all’interno del nostro Paese, se noi non guardiamo e non abbiamo ben presente quella che è la situazione di molte regioni, non soltanto quelle che sono in uno stallo o in una difficoltà di carattere finanziario, ma anche quelle che hanno una situazione debitoria? E, soprattutto, molte di queste regioni sono «dominate» da cattive politiche, da disattenzioni e da lacune che dovrebbero essere certamente indicate e segnate nelle nostre azioni e nei nostri interventi per avere un quadro complessivo di riferimento e avere una visione più adeguata a quella che è la realtà.

Parlo di un altro problema e vado alla conclusione, signor Presidente: nel Senato della Repubblica si era tentato, da parte di alcuni senatori, di consentire trattamenti preferenziali ai manager svincolati da quello che è l’abbassamento del tetto degli emolumenti o degli stipendi. Chiamateli come volete, non so se sono emolumenti o stipendi, ma visto e considerato che sono cifre di 600, 700 o 800 mila euro l’anno, e qualcuna anche di un milione di euro l’anno, per chiamarli stipendi bisogna avere una grande fantasia e fare un grande sforzo. Questo emendamento non è passato, ed è bene che non sia passato perché, come ripeto, svincolare il trattamento pensionistico dall’abbassamento del tetto degli emolumenti certamente non aveva significato e strideva anche con il senso e il significato, non soltanto di questo provvedimento, ma di tutta un’azione parlamentare e legislativa che si sta facendo e si è fatta in questi giorni. L’aspetto è importante e fondamentale e questo mi fa capire molte volte che anche nella politica del credito si è stati molto larghi rispetto a quelle che sono posizioni consolidate e forti, come si è volutamente molto duri rispetto alle posizioni già deboli. Ma questo è un vecchio discorso, non vorrei abbandonarmi a nessuna enfatizzazione demagogica, perché non credo sia il caso. Ma questo provvedimento ha senso ed ha significato se si collega con il senso dell’equità e il senso della giustizia. Le banche devono avere e svolgere un loro ruolo, certamente anche attraverso le tutele e le garanzie rappresentate da questo Osservatorio, in un quadro di riferimento sul piano economico che ritengo sia importante e fondamentale.

Un’altra sollecitazione che vi rivolgo, profittando che in questo momento ho la parola, signor Presidente, è capire, dopo aver parlato moltissimo del tetto dei 300 mila euro l’anno per i manager, se molti emolumenti ci sfuggono: infatti per gli emolumenti e gli incarichi c’è un combinato disposto, ma tanti aspetti ci sfuggono. Vorrei capire se questa disposizione ha comportato, da parte del Governo, un’iniziativa di conoscenza e quali sono le ragioni delle difficoltà che, quando ci siamo trovati in Commissione congiunta tra Commissione affari costituzionali e Commissione lavoro, l’ottimo Ministro della funzione pubblica ha avuto nei primi giorni a darci un quadro di riferimento, un quadro dei dati, che in seguito ci sono stati forniti. Abbiamo avuto questi dati e questi riferimenti ma ritengo che qualcosa sia rimasto in ombra. Non c’è dubbio, quindi, che tutto è legato a questi aspetti e, quindi, il mio intervento è una sollecitazione molto forte e molto stringente, perché come vedete alle banche chiediamo di non far pagare la commissione oppure di consentire alle famiglie, alle piccole famiglie lo sconfinamento senza far pagare ai fidi pari o inferiori ai 500 euro, oppure abbiamo avuto una situazione di grave restrizione per quanto riguarda le piccole e medie imprese e ci sono ancora. Invece, certamente abbiamo qualche difficoltà a capire per quanto riguarda la selva delle retribuzioni dei grandi manager ma, forse, si è capito molto, forse c’è qualche difficoltà ad agire e intervenire perché poteri consolidati, posizioni forti sono difficilmente smantellabili.

Non vi è dubbio che questo provvedimento – lo dicevo poc’anzi – nasce da una visione culturale e una sensibilità. Dunque, questo tema e questo argomento ha una sua piena cittadinanza, come ci sono alcune strutture del credito e istituti di credito nelle aree del Mezzogiorno e mi riferisco alla Calabria, che hanno usato questa regione semplicemente come raccoglitore di risorse, senza dare e senza esprimere alcunché di progetto e di sviluppo. Concludo qui, signor Presidente, e accedo al suo sollecito e al suo richiamo. La ringrazio e ringrazio anche il relatore, per lo sforzo compiuto e ringrazio lei e il Governo, per l’attenzione che mi ha voluto prestare e per qualche elemento che ha potuto raccogliere in termini positivi – mi auguro – dalle mie sollecitazioni e dal mio intervento.

 

 

 

 

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