Intervento On. Tassone sulle norme sul finanziamento pubblico ai partiti e sulle misure per la trasparenza e i controlli dei rendiconti

La ringrazio, Signor Presidente. Ho ascoltato, dicevo, i relatori e ho apprezzato le loro relazioni anche perché mi sollevano dall’andare nello specifico e quindi dall’analisi della normativa e poi perché stiamo assistendo ad un fatto, ad un evento inusitato e credo nuovo nel suo genere, anche sul piano politico – non mi riferisco al sesso, mi riferisco al dato politico – perché i due relatori Calderisi e Gianclaudio Bressa hanno lavorato insieme in sintonia, con grande armonia e soprattutto con grande produttività. Se ha un merito il Governo Monti è quello di aver fatto questo miracolo per cui è un dato da ascrivergli che va al di là di quelli che possono essere i limiti e le differenze partitiche e politiche. Allora quando parliamo di partiti e della politica entriamo subito nel merito.

L’articolo 49 della Costituzione (lo sappiamo) recita che tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale. Ci fu una discussione nella Costituente (considerato che altri colleghi hanno citato e si sono richiamati al lavoro di Costantino Mortati) nella quale si pensava e si sollecitava una disciplina giuridica dei partiti stessi; invece l’articolo 49 (che ho letto per ricordarlo a me, certamente non ai colleghi) tace sulla disciplina giuridica. Dal dibattito si evince chiaramente che vinse una certa posizione secondo cui il tacere sulla disciplina giuridica era una garanzia di maggiore libertà dei partiti stessi. C’è una proposta di legge su cui si sta lavorando, il cui relatore è il collega Orsini, e credo che sarà di scena in quest’Aula il giorno 24, e avremo quindi occasione di discutere questi temi.

Mortati nella seduta del 22 maggio 1947 aveva presentato una proposta emendativa che poi fu respinta dall’Assemblea costituente: tutti i cittadini hanno diritto di riunirsi liberamente in partiti che si uniformano al metodo democratico nell’organizzazione interna e nell’azione diretta alla determinazione della politica nazionale. Anche in quella sede Aldo Moro ribadì che se non vi fosse stata una base di democrazia interna i partiti non avrebbero potuto trasfondere l’indirizzo democratico nell’ambito della vita politica del Paese. Questa citazione è per richiamarmi ovviamente ad un emendamento che noi abbiamo presentato (insieme ai colleghi Mantini e Libè, io ne sono il terzo firmatario) secondo cui è necessario che lo statuto sia conformato ai principi democratici della vita interna con particolare riguardo alla scelta dei candidati, al rispetto delle minoranze e ai diritti degli iscritti. Tutto questo a nostro avviso è importante e fondamentale anche perché non credo che il testo scaturito dal lavoro della Commissione sia esaustivo rispetto ad alcuni interrogativi che noi ci siamo posti in quella sede e che sono ovviamente ritornati anche nel dibattito politico di questi giorni e che vogliamo anche in questa circostanza sottolineare ed evidenziare.
Qual è il problema, il tema, signor Presidente? Una serie di vicende hanno caratterizzato il finanziamento dei partiti. Si fa riferimento ovviamente al referendum abrogativo del 1993 e poi alla successiva legge del 1999 sul rimborso elettorale. In questi giorni c’è stata una grande polemica su tutto questo. Mi riferisco anche alle vicende che hanno contrassegnato il dibattito e il confronto tra i partiti, e vi è stato – come si suol dire – un ritorno all’antipolitica, all’antipartito, ma questo c’era già ovviamente in quella fase politica che io ricordavo, nel 1993, la fase di tangentopoli, durante la quale ci fu una grande contestazione generalizzata. Ma in questo momento la contestazione non è solo sul finanziamento ai partiti, viene mutuato il finanziamento ai partiti per contrastare i partiti e per contestare la politica in termini complessivi e generali. Ritengo che questo sia il dato importante e fondamentale. Avverto – lo dico senza infingimenti, ma forse l’anzianità mi dà la forza di dirlo – che, come allora, c’è una classe dirigente politica complessiva un po’ debole che invece di rispondere e reagire dovrebbe dire che chi ha sbagliato, sbaglia (anche se tutto ciò non può coinvolgere i partiti nel loro complesso), quindi chi ha la responsabilità di errori e di mancanze di controllo se ne assume pienamente la responsabilità.

Non accettiamo, però, ovviamente, condanne e, soprattutto, non accettiamo di essere messi continuamente sul piano dell’imputato; non uso certamente il plurale maiestatis, ma come operatore, come dirigente politico e come parlamentare ritengo che questo tipo di valutazione vada fatta perché ricordiamo cosa è stata Tangentopoli e qual è stato il clima dell’Aula. C’è questo ritorno di contestazione e dell’antipolitica che sembra prendere il sopravvento con qualche, come si è detto, demagogo di ritorno che cerca di recuperare ed intercettare sentimenti di contestazione e di reazione nei confronti della politica e nei confronti dei partiti. E, allora, non c’è dubbio che qualche passo in più lo dobbiamo fare. Il finanziamento c’è stato, poi con una legge si è un po’ superato quello che era il responso referendario, parlando di contributo. Si è andato avanti con i contributi con tutto quello che poi è venuto fuori, anche in questi giorni, su cui è mancato un controllo su come sono stati utilizzati questi tipi di contributi. L’hanno detto, ovviamente, i colleghi che mi hanno preceduto: c’è bisogno di un controllo in più sulla trasparenza, sulla gestione, attraverso certificazioni, controlli e sanzioni. Si è parlato anche della riduzione del 50 per cento della tranche di luglio. Su questo c’era qualche disaccordo, ma poi prevale l’accordo; non so se si tratta di una valutazione oggettiva oppure ci si trova sotto la spinta dell’emotività dell’opinione pubblica. Non si è capito bene: se un tot di risorse è necessario per far funzionare i partiti, non credo che l’opinione pubblica possa essere prevalente se non si spiega con sufficienza. Forse in tutto questo è mancata l’autorevolezza e manca l’autorevolezza della politica e dei partiti. È una politica certamente condizionata, messa ai margini, a volte perciò gioca di rimpiatto, in difesa, con un complesso di inferiorità, come se qualcuno fosse stato preso con le mani nella marmellata. Chi è stato preso certamente ne paga la responsabilità, ma ci sono partiti che hanno utilizzato le loro risorse – lo dico con estrema chiarezza – con grande correttezza investendo, soprattutto, in azioni e in attività partitica, politica, elettorale e quant’altro, rimanendo nel filo e, soprattutto, nel segno della filosofia che sottende anche la legge sul rimborso o quella, come qualcuno pretende di tradurla continuamente, sul finanziamento dei partiti politici.

Se questo è il dato, signor Presidente, non c’è dubbio che il problema va al di là di quelle che sono le norme e le articolate disposizioni che vengono a essere contenute in questo provvedimento di legge. Noi in Commissione abbiamo discusso, abbiamo parlato e ci siamo anche chiariti alcuni passaggi. Certa è la riduzione del 50 per cento, come dicevo, per questa tranche di luglio, anche se dobbiamo tenere presente che alcuni partiti avevano già investito queste risorse attraverso la cartolarizzazione programmata.
È difficile, però, intervenire e sentire parlare al telefono. Onestamente è un fatto di cortesia, non dico di educazione perché non mi permetto di dirlo a colleghi che apprezzo moltissimo. È, però, una cosa incredibile, anche perché chi è relatore deve avere l’amabilità di ascoltare chi è venuto qui di lunedì per svolgere la propria relazione e, soprattutto, per esprimersi.

Lo dico così appassionatamente, perché alcune cose non credo vadano bene. Quando poi, infatti, ci dicono che il Parlamento decade, decade anche per queste cose. Purtroppo, questo è il discorso. Scusatemi, vado avanti, ma questa è la mia riflessione e se la prende chi vuole.

Non c’è dubbio che il dato della politica è importante e fondamentale in questo particolare momento nel quale dobbiamo porre l’accento su alcuni problemi che investono anche il discorso a cui facevo riferimento poc’anzi, ossia quando saremo investiti della questione riguardante l’attuazione dell’articolo 49 della Costituzione.
Oggi abbiamo il compito di assicurare trasparenza al finanziamento pubblico dei partiti, dobbiamo assicurare ovviamente questo tipo di percorso per quanto riguarda sia il contenimento del contributo, che va a restringersi, sia il cofinanziamento nelle modalità che sono state previste, sia per quanto riguarda anche gli sgravi fiscali del 38 per cento che sono stati previsti e che sono indicati nella normativa che abbiamo presentato in questo momento.

C’è stato inoltre qualche collega in Commissione che ha detto che non gli pare giusto che vengano ad essere esclusi dalla partecipazione al finanziamento quei partiti e quei movimenti che non hanno un deputato, un senatore, un parlamentare europeo, un consigliere regionale. Infatti per essere ammessi alla distribuzione del finanziamento si deve avere un eletto. Ritengo che sia un tema che certamente ci siamo posti all’attenzione quando abbiamo anche affrontato la legge nel 1999. Tuttavia, non c’è dubbio che siccome allora si parlava di rimborsi e di spese elettorali, certamente chi non raggiunge un deputato eletto, non raggiunge un consigliere regionale e quant’altro non può partecipare. Ritengo che questo sia un limite. È un problema, è un tema che è stato posto e sul quale certamente si può porre attenzione, visto e considerato che questo è un provvedimento che può avere anche uno sbocco importante e fondamentale nel prosieguo.

È stato presentato inoltre un nostro emendamento, che non è stato accolto, per quanto riguarda la possibilità di investire in titoli di Stato la liquidità derivante dalle risorse pubbliche che abbiamo. Era una nostra proposta: non siamo riusciti a capire perché e come si sia potuto fare in questa maniera, visto e considerato che invece di investire altrove in termini variopinti – tanto per usare un eufemismo – queste liquidità, queste disponibilità o queste economie – non so come definirle – possono essere investite in titoli di Stato anche per rimanere nell’ambito di un percorso che possa essere sempre di più utile per l’economia del nostro Paese.

Abbiamo anche presentato una serie di altri emendamenti. Si è parlato moltissimo della commissione, che, come ricordava qualche collega, è mista sia con magistrati della Corte dei conti sia con magistrati ordinari. Certamente abbiamo avuto anche una lettera molto chiara da parte del presidente della Corte di Cassazione rispetto ad una possibile sovrapposizione o incompatibilità di ruoli, di conflitti competenze con la presenza di un magistrato ordinario della Cassazione che si ritiene per alcuni versi sovraordinato rispetto ad altri tipi di magistratura. Forse questo non è il termine esatto ma questo è il senso e il significato anche della lettera del presidente della Corte di Cassazione. Attraverso il nostro emendamento abbiamo ovviamente riproposto una nostra idea di affidare questo controllo alla Corte dei conti attraverso una serie di articolazioni, attraverso una serie di definizioni che sono contenute nel nostro emendamento.

Mi avvio rapidamente ad una conclusione. C’è il problema che abbiamo posto per la sostituzione della parola «enti» con le seguenti: società, ad esclusione delle società a partecipazione pubblica e di enti. Era una garanzia per evitare vecchie situazioni o vecchi percorsi che potessero apparire stridenti rispetto a quella che è l’autenticità o quanto meno l’innovazione di un progetto che stiamo per approvare.
C’è poi un altro emendamento che avevamo previsto, signor Presidente, per quanto riguarda l’impossibilità di prendere in locazione da parte di partiti o movimenti politici a titolo oneroso gli immobili di persone fisiche che siano state elette in Parlamento europeo, in Parlamento nazionale e così via.

Questo emendamento non ha bisogno di interpretazioni e di spiegazioni, perché credo che sia abbastanza chiaro.

Tanto per arrivare ad una conclusione, esprimo una valutazione complessiva: quando si parlò di finanziamento pubblico dei partiti lo si fece per evitare che ci fosse sempre quel filo rosso di un’alterazione o di una corruttela che potesse alterare la libertà dei partiti politici con condizionamenti e quindi per limitare sempre di più quella che poteva essere un’area di corruzione all’interno del nostro Paese. Questo è il dato che viene fuori e che è venuto fuori nel 1992, sto per concludere, signor Presidente, per accordi intercorsi: vi è stato poi un lungo intervento, io ricordo, nell’aprile del 1993, da parte di Bettino Craxi. Se noi potessimo rileggere anche quel documento (credo che vi fosse anche il sottosegretario; non so se fosso presente in quella seduta) vedremmo che poneva anche dei grandi interrogativi. Pertanto tutto questo significa che forse il provvedimento in esame dovrebbe andare in sintonia o insieme alla rivisitazione e all’attuazione dell’articolo 49. Questa è una mia idea per una visione complessiva delle cose, perché anche nella disciplina giuridica dei partiti politici credo che rientri anche questo dato e questo aspetto importante e fondamentale. Infatti il contributo o il finanziamento ha senso e significato rispetto al ruolo che svolge liberamente anche un’associazione privata, come possono essere i partiti politici: ha senso se risponde e se svolge un lavoro pubblico, con ricadute pubbliche, con i controlli che si fanno proprio perché svolge un ruolo pubblico e soprattutto importante e fondamentale per la vita politica del nostro Paese.

Detto questo, signor Presidente, noi abbiamo ripresentato questi emendamenti. Non so se avranno un percorso possibile, ho i miei dubbi visto e considerato lo scenario che si prefigura per quanto riguarda le prossime ore, ma certamente è un contributo che noi abbiamo proposto in Commissione e lo reiteriamo in questo momento in aula con la speranza che il senso e significato di tutto questo sia un significato forte non sul piano tecnico, ma sul piano politico complessivo. La questione dei partiti non è definita, ma qui c’è un’azione della politica, una reattività di classe dirigente e di comportamento dove deve prevalere l’etica e la moralità. Questo ovviamente non lo possiamo prevedere per norma: lo si può prevedere nella norma, ma non significherebbe nulla. È un comportamento che coinvolge e richiede senso di responsabilità di tutti, ma questo ovviamente è un processo di maturazione, visto e considerato che i partiti per 18 anni non ci sono stati, sono stati movimenti personali. Oggi bisogna ritornare alla democrazia, dove ci sono i controlli e i bilanciamenti. Io credo che questo possa essere l’avvio per un percorso serio. Ringrazio nuovamente il presidente della Commissione e i due relatori, che hanno ben lavorato e che certamente si sono segnalati per il loro impegno e per la loro serietà.

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