Signor Presidente, questo provvedimento nasce da una particolare vicenda normativa che ha interessato il Senato della Repubblica: vi era stata una norma inserita con leggerezza, nel decreto-legge sulle liberalizzazioni, secondo cui le pensioni dei manager pubblici rimanevano svincolate dall’abbassamento del tetto previsto anche per gli stessi manager. Si trattava certamente di un’ingiustizia, non comprensibile, e colgo l’occasione perché l’azione del Governo sia sempre più intensa, sempre più incisiva a garantire il tetto stabilito per i manager pubblici, visto e considerato che in questo settore vi è un combinato disposto, di emolumenti e di stipendi, che molte volte sfugge, come è sfuggito, in un primo momento, durante i lavori parlamentari delle Commissioni congiunte Lavoro e Affari costituzionali, allo stesso Ministro Patroni Griffi, che ha certamente lavorato con grande impegno e con grande dedizione.
Vi è poi una valutazione da fare: certo, quando discutiamo e soprattutto esprimiamo un giudizio sul ricorso alla fiducia – in questo momento siamo in sede di dichiarazione di voto – dobbiamo dire che la viviamo non in termini esaltanti, ma questo momento credo vada vissuto in termini diversi, visto e considerato che molti dei temi che sono racchiusi in questo provvedimento recepiscono un atto di indirizzo parlamentare. È una delle pochissime volte che un atto di indirizzo parlamentare ha la sua dignità e viene recepito attraverso un provvedimento di urgenza, attraverso un disegno di legge di conversione di un decreto-legge presentato da parte del Governo.
Vorrei ricordare che quest’atto di indirizzo parlamentare era stato firmato dall’onorevole Fluvi e dal nostro amico di gruppo onorevole Angelo Cera. Qual è il tema? Qual è l’argomento? L’argomento è il credito, l’argomento sono le imprese, l’argomento è, ovviamente, lo sviluppo, svincolato da quella che è una visione di stagnazione, ma soprattutto una separazione da una realtà che più volte abbiamo chiamato ed indicato come «del rigore». Si tratta, perciò, di un’azione che vogliamo portare avanti sul terreno dello sviluppo economico e, soprattutto, dello sviluppo sociale.
Per quanto riguarda il rapporto tra imprese e banche, tra imprese e credito, ritengo vi sia un dato significativo: più volte abbiamo dovuto lamentare – certamente non soltanto in alcune regioni del nostro Paese – una reticenza, ma soprattutto una stagnazione, un’azione quasi egoistica degli istituti di credito, per quanto riguarda l’aiuto all’accesso al credito delle piccole e medie imprese.
Qui c’è un discorso di fondo da fare, ossia quello del primato della politica sull’economia, del primato della politica su quella che è l’azione e soprattutto l’attività del credito che più volte non ha corrisposto alle ansie, attese e sollecitazioni che venivano dal territorio.
Ma c’è un’altra considerazione da fare: nel momento in cui c’è un accesso al credito che deve essere facilitato dal punto di vista tecnico con un sostegno, un indirizzo e una trasparenza, si dà fiato e si dà da una dignità ad una pluralità di iniziative economiche che sono il momento fondamentale del nostro Paese, ma soprattutto si dà una centralità alla persona umana come momento di raccolta e di recupero di quelle che sono le creatività che vanno ad essere incoraggiate e sollecitate all’interno del nostro Paese.
Allora, non c’è dubbio che questo provvedimento, nel momento in cui prevede l’Osservatorio, inserisce un dato, a mio avviso, qualificante rispetto a quanto previsto nel 2009 quando c’era un’impostazione prefettizia e statalista che l’UdC aveva condannato, votando anche contro questo tipo di soluzione che si dava e che certamente non era appagante. Poi, quel provvedimento fu caldeggiato da alcune forze politiche presenti in Parlamento (da alcuni gruppi parlamentari) che con i prefetti non avevano una grande dimestichezza ed anzi, in un particolare periodo della nostra attività parlamentare, ne avevano indicato l’abolizione.
L’Osservatorio è un fatto importante e, a mio avviso, significativo che va visto con estrema importanza, considerato che l’accesso al credito è un problema anche di carattere tecnico, nel senso di aiutare le imprese, di dare risposte a quelle che possono essere delle opacità anche rispetto al rapporto tra le imprese e gli istituti di credito. Tuttavia, questo varrebbe poco se non fosse proiettato verso un processo, come dicevo poc’anzi, di sviluppo economico e di crescita.
Come si dice oggi continuamente, se non ci sono sviluppo economico e crescita, il rigore non ha significato. Ritengo che il Governo, anche attraverso questo provvedimento, abbia voluto indicare un percorso con il quale ci troviamo d’accordo e che condividiamo pienamente. Dopo questo provvedimento ci sono anche altri atti conseguenziali da portare avanti.
Inoltre, bisogna anche dire che si è superato un po’ un impasse che era venuto fuori nei giorni precedenti al decreto sulle liberalizzazioni per quanto riguarda le commissioni ed i servizi gratuiti da parte delle banche. Questo fu condannato anche dalle banche, ma c’è anche un dato che si recupera in tutto questo e che, a mio avviso, è importante e riguarda il credito a carico delle famiglie. Si prevede un alleggerimento per quanto riguarda le commissioni e gli sconfinamenti di 500 euro per sette giorni.
Questo è un dato non esaustivo, però è un segnale molto eloquente rispetto ad un indirizzo ed una scelta di campo che abbiamo fatto e sostenuto come partito che viene ad essere accolto da parte del Governo. Ma ci sono anche altri problemi che voglio indicare e che ripropongo all’attenzione del Governo: i pagamenti della pubblica amministrazione per i servizi alle imprese. C’è uno studio secondo cui, se si fosse andati in questa direzione, anche il PIL sarebbe aumentato in termini esponenziali e ciò avrebbe creato anche le condizioni di crescita, come certamente ci sono delle disparità e delle discrepanze di vita delle imprese italiane rispetto ad altre imprese per quanto riguarda anche il PIL.
Al di fuori, e al di là di quelli che possono essere i costi dei servizi bancari, nei Paesi europei si registra lo 0,81 rispetto allo 0,5.
Nel nostro Paese, cioè, è pari allo 0,81 rispetto allo 0,5 dei Paesi europei. Quindi, vi è ovviamente uno squilibrio dei costi rispetto al credito e rispetto all’accesso. Vi è il problema – e, quindi, vado a concludere, signor Presidente -, che è stato anche evocato, indicato e richiamato da parte di alcuni colleghi, per quanto riguarda il Mezzogiorno d’Italia. Vi sono state differenti situazioni, differenti trattamenti, soprattutto diversi tassi per quanto riguarda il credito in varie regioni del nostro Paese.
Io ritengo che questo provvedimento debba farci riflettere. Se fosse un provvedimento fine a se stesso, al di là dei fatti positivi, però sarebbe certamente asfittico e insufficiente e non dispiegherebbe quelle che possono essere delle energie che, invece, noi vogliamo recuperare.
Concludo, signor Presidente. Se questo provvedimento, rispetto ad altri provvedimenti – e lo ribadisco ancora una volta -, va nella direzione della crescita e dello sviluppo, allora certamente si possono valorizzare quelle indicazioni e soprattutto quelle soluzioni, ma soprattutto si possono valorizzare certamente in termini più forti e in termini decisivi. Per questa ragione, signor Presidente, diamo il voto di fiducia al Governo rispetto alle considerazioni che abbiamo fatto.