D’Onofrio: Tra parentesi e rimozione

Si capirà nella prossima settimana se si potrà procedere verso le elezioni politiche generali avendo seriamente preso in considerazione il fatto che il governo Monti rappresenta di per sé un punto necessario di partenza e non un mero punto di passaggio dell’intera storia politica italiana recente. Assistiamo infatti a due tentativi (pur non coincidenti nella forma) di comportarsi come se l’esperimento Monti fosse da mettere tra parentesi, o se si dovesse comunque procedere in qualche modo ad una riforma costituzionale radicale, dovendosi quasi prendere atto che non si può governare l’Italia con il vigente sistema costituzionale.

Da una parte infatti si assiste alla insistente richiesta di Idv e di Sel al Partito Democratico di ripartire sostanzialmente dalla cosiddetta “foto di Vasto”, quasi che quello di Monti sia una sorta di governo da mettere tra parentesi, per poter anche in questo caso tornare ad una impostazione che faccia della “sinistra” – e non, come appare, del Pd – il punto di riferimento fondamentale per la nuova stagione politica. Il giudizio sul governo Monti di conseguenza costituisce di per sé la premessa essenziale per poter decidere quale debba essere l’orientamento politico generale del dopo-Monti. Se infatti si è trattato soltanto di una sorta di intervento temporaneo e straordinario, esso può essere rinchiuso in una sorta di parentesi politica, sì che si debba andare ad una nuova stagione politica riproponendo in sostanza la “sinistra” quale soggetto politico determinante anche della nuova stagione politica, evidentemente a prescindere proprio dalle iniziative politiche che il Governo Monti ha preso da quando è nato sino ad oggi.
Il consenso o il dissenso strategico nei confronti del Governo Monti viene in tal caso a costituire la legittimazione anche culturale del fatto di collocare per così dire tra parentesi il governo stesso. Chi al contrario ritiene che l’avvento del governo Monti abbia rappresentato un fatto non soltanto nuovo rispetto al passato, ma anche e sostanzialmente propedeutico rispetto al futuro politico dell’intero Paese, non solo non accetta di collocare il governo stesso tra parentesi, ma giunge ad affermare che il contesto europeo deve rappresentare ormai il contesto di riferimento essenziale per qualunque iniziativa politica italiana, perché questa deve avere quello europeo quale riferimento essenziale. È di tutta evidenza che questa valutazione relativa al Governo Monti non consente per nulla la possibilità (adombrata anche da altre parti all’inizio dell’esperimento Monti) di ritenere temporaneo in quanto straordinario ed eccezionale l’esperimento medesimo.

Dal lato opposto si è infatti in presenza di una improvvisa ipotesi di riforma costituzionale in senso semi presidenziale. Per così dire, è come se si passasse dal modello tedesco al modello francese. Sarebbe sufficiente affermare che se si vuole un modello di governo dell’economia per così dire virtuoso anche nel senso della migliore tutela degli interessi nazionali, è di tutta evidenza che è proprio il modello tedesco quello che dovrebbe essere assunto quale riferimento generale e preferenziale. Ma tutti sanno che il modello tedesco è diventato virtuoso anche perché l’attuale governo Merkel è stato preceduto da una lunga e significativa stagione di “Grosse Koalition”. Ma è proprio questa lunga stagione che non si vuoi richiamare quale stagione necessaria per il dopo-Monti.
Il modello francese, improvvisamente preannunciato anche per le riforme costituzionali, è dovuto infatti ad un motivo del tutto diverso: l’elezione popolare diretta del Capo dello Stato con poteri di governo concorre a rimuovere del tutto la ragione stessa dell’avvento del governo Monti. Da più parti infatti esso è stato considerato conseguenza diretta dell’inadeguatezza del governo precedente rispetto agli impegni italiani conseguenti alla fase attuale della scelta europeistica.

La parentesi da un lato, e la preannunciata riforma semi-presidenziale dall’altro, hanno comunque in comune un fatto strettamente italiano: l’alternativa proposta rimane sempre e comunque quella tra sinistra e destra, proprio a differenza del modello tedesco che – dopo la svolta socialista di Bad Godesberg – si è svolto tutto dentro la cornice europea, consentendo alternative di governo non semplicisticamente riassumibili in destra e sinistra.
La lunga “scia” del cosiddetto “voto utile” che aveva caratterizzato le elezioni politiche del 2008, si trova pertanto ad essere riproposta in forme e modi anche diversi da allora, ma certamente in termini tali da non considerare il governo Monti quale punto di svolta politica ed istituzionale necessaria per la salute economica stessa del nostro paese. Di questo è chiamato a decidere anche politicamente il Senato della Repubblica nella prossima settimana.

Di Francesco D’Onofrio, tratto da Liberal del 2 giugno 2012.

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