(9Colonne) Roma, 12 giu – “Caro direttore, sono grato ad Antonio Di Pietro almeno per una ragione: nella sua ultima fatica editoriale conferma la sua irriducibile avversione nei miei confronti. Il che, credetemi, mi conforta non poco essendo il populismo e la demagogia esattamente il contrario di quanto io ritengo serva all’Italia. Mi conforta ulteriormente il fatto di sapere che sono in buona compagnia, basti pensare agli autorevoli bersagli che l’ex pm ha preso di mira in questi anni, a partire dai massimi rappresentanti delle istituzioni italiane”.
Si apre così una lettera al Corriere della Sera di Pier Ferdinando Casini. Il leader dell’Udc contesta in particolare il passaggio relativo al suo incontro con Di Pietro subito dopo Mani pulite”: “Ricordo bene la sostanza di quell’incontro: egli mi spiegò che una delle ragioni connesse al suo abbandono del pool di Mani pulite era l’avversità pregiudiziale da lui non condivisa nei confronti dell’onorevole Berlusconi. Ricordo, come fosse ieri, le sue parole: ‘Berlusconi non è certo un santo ma ho constatato un pregiudiziale accanimento verso di lui che non posso condividere’. Poco importa che in realtà le ragioni del suo abbandono della magistratura fossero altre, probabilmente connesse a indagini giudiziarie che lo riguardavano, ma questo fu quello che mi disse Di Pietro. E lo riporto solo per evidenziare quanta distanza passi abitualmente tra le sue opinioni private e le sue affermazioni pubbliche. Infine, secondo il leader Idv ‘l’Udc si è sempre macchiata di opportunismo, l’Idv è una moglie severa’. Gli italiani conoscono i fatti: l’Udc è stato l’unico partito a rischiare di sparire dal Parlamento sfidando il quasi bipartitismo imperniato sulle candidature di Berlusconi e Veltroni nel 2008; Di Pietro si è rifugiato comodamente nella coalizione con Veltroni, impegnandosi addirittura a formare gruppi parlamentari comuni col Pd salvo poi rimangiarsi la promessa il giorno dopo le elezioni”.