Nel contesto delle complessive votazioni che hanno caratterizzato il varo della legge anticorruzione alla Camera dei Deputati, la disposizione concernente il cosiddetto “traffico di influenze”merita una più attenta riflessione. Da un punto di vista strettamente formale si tratta di una nuova figura di reato prevista in quello che diventerebbe l’articolo 346-bis del Codice Penale.
Nel votare infatti con la fiducia l’articolo 13 del disegno di legge anticorruzione si sono previste sia un inasprimento delle sanzioni concernenti la concussione; sia una nuova definizione normativa della corruzione che all’articolo 318 diventa infatti «corruzione per l’esercizio della funzione»; sia il reato di «induzione indebita a dare o promettere utilità»; sia, infine, il nuovo reato di «traffico di influenze illecite».
Al fine di evitare considerazioni apparentemente solo tecniche per una questione che è invece anche di grande rilievo sociale, politico e giudiziario, appare opportuno riproporre integralmente il nuovo testo. «Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 318, 319 e 319-ter, sfruttando relazioni esistenti con un pubblico ufficiale, o con un incaricato di un pubblico servizio, indebitamente fa dare o promettere a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale, come prezzo della propria mediazione illecita, ovvero per remunerare il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, è punito con la reclusione da uno a tre anni». «La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette denaro o altro vantaggio patrimoniale». «La pena è aumentata se il soggetto che indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale, riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio». «Le pene sono altresì aumentate se i fatti sono commessi in relazione all’esercizio di attività giudiziarie». «Se i fatti sono di particolare tenuità, la pena è diminuita».
Si tratta, come si vede, di un complesso di statuizioni giuridiche che andranno ovviamente considerate nell’intreccio complessivo sia con i reati esistenti; sia con le nuove sanzioni previste per i reati esistenti; sia con la nuova definizione del reato di corruzione per l’esercizio della funzione; sia con la nuovissima individuazione del reato di induzione indebita a dare o promettere utilità. In questa sede interessa infatti porre in evidenza i tre profili complessivi e in qualche modo del nuovo reato di traffico di influenze illecite.
Si tratta in particolare di una valutazione sociologica cui faccia seguito una riflessione politica per concludersi con una considerazione concernente il potere di indagine, oggi spettante in Italia alla magistratura inquirente, troppo spesso lontana anche nel tempo rispetto alla magistratura giudicante in via definitiva. Da un punto di vista sociale, si tratta di cogliere a fondo le ragioni plurisecolari che hanno prodotto un concetto distinto di raccomandazione: nel contesto – particolarmente in quello statunitense – per “recommendation” si intende l’indicazione di merito per una persona, in un contesto nel quale il merito è considerato elemento spesso determinante nelle scelte discrezionali concernenti i più svariati lavori.
In questo senso la raccomandazione all’americana costituisce parte rilevante di una cultura sociale di fondo che fa del merito un elemento essenziale di selezione delle persone. Nel mondo contemporaneo questo concetto di raccomandazione all’americana è diventato sempre più frequentemente utilizzato anche nei rapporti finanziari internazionali, come sanno tutti coloro che si occupano di selezione del personale soprattutto dirigente.
Nel contesto italiano – e in particolare in quello centro-meridionale – hanno finito con il prevalere radici nobiliari, castali, corporative, politiche o comunque familiari che hanno finito con il prevalere rispetto alla più generica indicazione del merito quale elemento fondamentale per la selezione delle persone.
Da un punto di vista politico il nuovo reato si introduce di fatto in una specifica concezione di attività politica sempre più lontana dalla esperienza concreta di una politica che è vissuta nell’intreccio complessivo tra soggetti politici ed istituzioni amministrative, soprattutto a livello locale. Si tratta in particolare di una specifica idea di rapporto tra politica e amministrazione che tende a una radicale separatezza dell’una dall’altra, a differenza di molte esperienze storiche del continente europeo, come dimostra una riflessione attenta proprio del rapporto tra politica ed amministrazione anche nell’Europa contemporanea.
Per quel che concerne infine l’aspetto più strettamente giudiziario, occorre aver presente che la norma penale in questo caso finisce con l’attribuire una larga discrezionalità a partire dall’indagine, soprattutto in riferimento ai presupposti di fatto del reato quali sono le relazioni esistenti tra pubblico ufficiale e soggetto anche privato; quale la valutazione circa la natura debita o indebita del dare o promettere denaro; quale la definizione di “patrimoniale” del vantaggio promesso; quale l’accertamento della natura lecita o illecita della mediazione stessa.
Si tratta di tre grandi questioni che richiedono per un verso l’ampiezza di un grande dibattito culturale prima ancora che tecnico, e per altro verso della valutazione della discrezionalità nel contesto dell’attività di indagine per sua natura normalmente più vaga rispetto all’attività di giudizio in senso stretto. Il passaggio del testo anticorruzione dalla Camera al Senato potrà certamente consentire sia un doveroso approfondimento tecnico della norma, sia – auspicabilmente – l’ampiezza del dibattito culturale sino ad ora purtroppo insufficiente.
Di Francesco D’Onofrio, tratto da Liberal del 16 giugno 2012