On. Tassone sulle disposizioni urgenti per il riordino della Protezione civile

Signor Presidente, cercherò di contenere in quattro-cinque mie valutazioni l’analisi di questo provvedimento d’urgenza, tentando ovviamente di recuperare un ragionamento che ho fatto più volte e di capire se ha ancora un senso la discussione sulle linee generali dei provvedimenti. Credo sia in atto anche un tentativo di riformare i regolamenti. Certamente questa parte doveva essere rivista anche per monitorare e per sintetizzare quelle che sono le posizioni. Ma poiché questo è un momento così particolare e importante ho ritenuto di prendere la parola, visto e considerato che era necessario segnalare e segnare la presenza della I Commissione Affari costituzionali che insieme alla VIII Commissione ha affrontato questo provvedimento d’urgenza.
Dico subito una cosa, faccio una considerazione e la rivolgo – signor Presidente, col suo permesso – agli illustri rappresentanti del Governo: forse la strada della decretazione d’urgenza per rivedere e modificare la n. 225 del 1992 poteva non essere seguita, affidando così tutta la materia ad un provvedimento non di urgenza, quindi ad un disegno di legge. Questo per dare la possibilità di scandagliare con molta attenzione, con oculatezza (come si suol fare, come si suol dire) i temi e i problemi che riguardano la Protezione civile. Certo, dal 1992 ad oggi con qualche altra modifica è passato un lungo arco di tempo durante il quale abbiamo potuto sperimentare sia il funzionamento della n. 225 sia altri momenti importanti. Mi riferisco al coinvolgimento delle autonomie locali (le regioni e i comuni). Voglio semplicemente fare qualche riferimento. Perché nasce la Protezione civile?
Si è fatto cenno ovviamente al ruolo dell’onorevole Giuseppe Zamberletti, legato alla vicenda del terremoto del Friuli Venezia Giulia, quando fu nominato Alto commissario per quanto riguarda la Protezione civile e quindi degli interventi a favore delle aree, delle zone terremotate. Da lì si evinse chiaramente che era necessario avere un Ministero, pur senza portafoglio, che avesse la potestà di coordinare tutta la materia che riguardava il soccorso, ma anche la prevenzione.
Credo sia anche questo un aspetto che ritorna pure nel presente provvedimento. In via Ulpiana fu stabilita e fu messa su ovviamente una sala operativa e si disse chiaramente che bisognava fare riferimento a tutte le prefetture e che bisognava fare riferimento, attraverso delle strumentazioni sensorie e, quindi, di monitoraggio e di allerta, a tutte le realtà locali e a tutte le autonomie locali, dunque con il coinvolgimento delle regioni e dei comuni, dando spazio e ruolo al volontariato. In quel periodo – signor Presidente, forse lo ricorderanno gli illustri rappresentanti del Governo, lei certamente l’ha presente perché è stata uno dei testimoni, ma anche Giampaolo D’Andrea -, dal 1978, perciò molto prima del 1992, le Forze armate assumevano un ruolo importante e fondamentale. Il 1978 è l’anno della legge n. 382 sui principi di disciplina militare. Via via si presero altri provvedimenti di legge che assegnarono alle Forze armate sempre più un ruolo pressante per quanto riguarda la sicurezza e la difesa della patria. La difesa della patria, sancita e consacrata nel dettato costituzionale, riceve e assume una visione e un significato molto più ampi che sono quelli ovviamente della risposta alle offese, ma la difesa della patria assume, quindi, nel ruolo e nei compiti delle Forze armate, un preciso momento di coinvolgimento e di capacità sul piano operativo.
Questo via via è andato avanti e la legge n. 225 del 1992 ha funzionato fino a un certo punto. Infatti, dopo che nei primi momenti si sono susseguiti anche Ministri per la Protezione civile o sottosegretari di Stato per la Protezione civile, si è andata sempre più affievolendo quella spinta e quella tensione che erano il coinvolgimento della base, delle autonomie locali, delle sale operative delle prefetture, ma soprattutto è sparita e non ha avuto cittadinanza e centralità la cultura della prevenzione e del soccorso. Ma la prevenzione e il soccorso non sono momenti ravvicinati. La prevenzione significa politiche adeguate, anche perché, quando noi parliamo di coinvolgimento di qualsiasi ente pubblico – ne parla anche questo provvedimento -, a me viene in mente il CNR e viene in mente l’ASI, così come anche il ruolo del satellite COSMO-SkyMed con l’osservazione dall’alto della Terra per vedere quali possano essere tutte le modifiche e tutte le alterazioni che intervengono sul territorio per coordinare delle politiche di intervento sul territorio medesimo. Tutto questo c’è stato? Ritengo in termini molto insufficienti, negativi e anche deludenti, fino a che poi la Protezione civile si è identificata con il capo del Dipartimento della protezione civile senza avere sopra di sé un’autorità politica che potesse coordinare l’attività e l’impegno di tutti gli altri Ministeri. Il problema della Protezione civile non è soltanto il soccorso, non è la mobilitazione ad hoc, è il problema della prevenzione, della politica del territorio, della politica della casa, della politica urbanistica, degli assetti idrogeologici, di tutto quello che interviene, pure in termini negativi e di alterazione, e degli atti anche di carattere amministrativo delle autonomie locali. Tutto questo non c’è stato e, ovviamente, poi vi è stata anche una devianza dove il capo del Dipartimento della protezione civile, sfruttando i poteri straordinari e, quindi, dell’emergenza, certamente ha impiegato risorse, per il bene generale, per carità di Dio, fuori dai compiti e fuori da quelli che erano i canali e i percorsi su cui si doveva incanalare invece l’impegno della Protezione civile.
Si è detto qui molte volte che si sono finanziate le grandi opere, che con la Protezione civile e con la salvaguardia del territorio e, quindi, della persona, non c’entrano niente. Per cui, rispetto alla legge n. 225 del 1992, ci si è distanziati moltissimo. Adesso che fare? Adesso ritengo che c’è un compito principale e forte che bisogna portare avanti, certamente attraverso questo provvedimento – già qualche sforzo, anche attraverso l’attività emendativa del mio gruppo, è stato fatto, con qualche risultato apprezzabile – ossia quello di dare il controllo della Protezione civile al Presidente del Consiglio dei ministri o ad un Ministro senza portafoglio per la protezione civile o a un sottosegretario di Stato per la protezione civile, però della Presidenza del Consiglio e non segretario del Consiglio dei ministri.
Questo dobbiamo vedere, perché non ci può essere il gravame della Protezione civile per il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, considerati i mille compiti che gli sono attribuiti, e anche per evitare che il capo dipartimento svolga il ruolo di programmatore, di controllore e quindi di esecutore quale, invece, viene ad essere indicato dalla legge, ma affinché ci sia una persona ad hoc che possa coordinare gli altri Ministeri. Perché la Presidenza del Consiglio dei ministri? Proprio per coordinare tutti gli altri Ministeri (infrastrutture e trasporti, agricoltura, ambiente); per coordinare tutti gli enti di ricerca dello Stato, l’Istituto di fisica nucleare, l’Istituto di geofisica, la commissione grandi rischi che dà indicazioni ed elementi per valutare adeguate politiche e per vedere che fine fanno i dati che vengono dal Cosmos SkyMed e quindi da tutto l’impianto satellitare all’interno del nostro Paese e di tutto quello che viene fornito alla commissione.
Ritengo che le politiche di coordinamento siano importanti e fondamentali, ma il problema riguarda la prevenzione: il soccorso e la prevenzione. Cerco di concludere, signor Presidente, infatti cercherò di intervenire anche domani in sede di discussione sul complesso degli emendamenti e soprattutto sull’articolo 1. Che cosa significa in questo momento il soccorso? Chi fa il soccorso? Abbiamo sempre avuto una serie di problemi. Forse qui molte volte appare e si evince e fa capolino un problema come quello dello spegnimento degli incendi. Anche su questo si potrà parlare di prevenzione perché abbiamo anche acclarato più volte da decenni che gli incendi sono in gran parte di origine dolosa; il 90 per cento sono dolosi. C’è una struttura del Corpo forestale dello Stato impegnato a fare indagini in questa direzione, ma deve avere anche il concorso delle altre forze di polizia. Infatti ci sono organizzazioni criminogene e criminali che intervengono e che danno fuoco a beni come il patrimonio boschivo all’interno del nostro Paese. Ma ritengo sarebbe esiziale, anche per quanto riguarda il ruolo della Protezione civile rispetto al soccorso, se diversificassimo oppure ampliassimo le dicotomie o le diversità di vedute tra i vari corpi dello Stato. Ritengo che i vigili del fuoco svolgano un ruolo importante, l’abbiamo sempre apprezzato, l’abbiamo detto, anche se poi alle dichiarazioni non seguono i fatti, perché quando abbiamo presentato emendamenti per quanto riguarda i capi squadra e per quanto riguarda i volontari per dare una sistemazione, si è fatta una buona dichiarazione di principi, di stima e di buone intenzioni ma non c’è stata conseguenza. Adesso con il collega Rosato abbiamo presentato una proposta di legge che ci auguriamo possa avere anche un percorso, ma tutto questo significa che c’è bisogno di un coordinamento, di un’armonizzazione dove ognuno faccia quello che è chiamato a fare anche in concorso con gli altri, senza che vi siano diversificazioni o appartenenze per principio, per preconcetto, ma che ci sia tutto un modulo di costruzione del servizio che vogliamo offrire al nostro Paese.
L’ultima battuta, signor Presidente Bindi, e ho concluso per davvero. Per quanto riguarda i tempi dell’emergenza: 60 giorni, più 30 giorni e così via. Non riesco a capire, vorrei l’attenzione degli illustri sottosegretari sia Ferrara che Giampaolo D’Andrea. Che cosa significa questa emergenza? Diteci qualche parola. È inutile che discutiamo e ci lambicchiamo il cervello sui 60, 30, 95 giorni dall’emergenza. L’emergenza dura sin quando è utile. L’altro giorno abbiamo discusso con il rappresentante del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, Fanelli, dei problemi dell’emergenza dei rifiuti in Calabria che dura da 14 anni. Ma l’emergenza che cosa significa? Che possono esser emanate ordinanze al di fuori dalle procedure? È questo il dato? Certo che è questo. Ritengo che la prevenzione possa essere riportata all’ordinario. La prevenzione non può scattare semplicemente nel momento in cui dobbiamo fare il soccorso. È un fatto diverso. È l’emergenza per il soccorso quando viene: 60 giorni, 90 giorni? A mio avviso forse questo articolo va rivisto. Questa è la preghiera che rivolgo agli illustri due sottosegretari: infatti l’emergenza non può avere una data. Deve essere emergenza reale. Non passare dall’emergenza all’ordinarietà della straordinarietà, perché poi la straordinarietà e il modo con cui si investono i soldi, il denaro e le  risorse diventa ordinario con la scusa che c’è lo straordinario, non seguendo alcune procedure di garanzia.
Questo è un discorso che bisogna fare: vogliamo chiarezza sul ruolo dei Vigili del fuoco, che meritano molta più attenzione, sul ruolo del Corpo forestale dello Stato, sul ruolo e sulla ripartizione delle competenze tra Dipartimento della protezione civile e Ministero dell’interno. Questo discorso dobbiamo chiuderlo, non si può lasciare un articolo così: il Presidente del Consiglio dei ministri, o il Ministro senza portafoglio, o un sottosegretario di Stato.
Dunque, facciamo uno sforzo in più, vediamo qual è l’orientamento del Governo; che venga a riferire anche su questa vicenda il Presidente del Consiglio dei ministri, che non può parlare semplicemente di Grecia, argomento importante, naturalmente, e noi siamo un gruppo che sta sostenendo il Presidente del Consiglio dei ministri. Che venga in Aula e ci dica chiaramente come la pensa per quanto riguarda tutta l’impalcatura della Protezione civile. Quando è stato presentato questo provvedimento, c’è stata una grande conferenza stampa e c’è stata una grande manifestazione: ebbene, ora venga a riferire e si confronti anche con i parlamentari. Noi siamo qui per fare ognuno il proprio dovere.
Con queste considerazioni, signor Presidente, dando un giudizio preventivo anche positivo, perché quando si modifica e si migliora una legge preesistente, certamente, ciò ci vede favorevoli, concludo il mio intervento. Credo che chi mi conosce sappia che ho fatto uno sforzo di sintesi: mi auguro che mi verrà riconosciuto e, soprattutto, che questo sforzo verrà ricordato nelle vostre preghiere.

 

 

 










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