L’intervento di Lorenzo Cesa

Care amiche, cari amici,

E’ di stamattina la notizia che è stato raggiunto un accordo sullo scudo anti spread, che consente di mettere a riparo gli stati dalla speculazione. Si vede finalmente una luce in fondo al tunnel della crisi. E’ una svolta per l’Italia e l’Europa, resa possibile dall’impegno del governo Monti, che in pochi mesi con le sue scelte ha restituito all’Italia peso e credibilità internazionale. Grazie presidente Monti! E grazie agli italiani, che con i loro sacrifici permettono al governo di ottenere questo grande successo!

Care amiche, cari amici.

saluto voi tutti e vi ringrazio in primis per averci accolto così numerosi oggi.

La partecipazione a questo incontro dimostra ancora una volta quanta passione e quanta attenzione sia in grado di suscitare la politica nel nostro Sud.

Qui l’antipolitica e l’astensionismo trovano un terreno molto meno fertile che altrove.

Lo hanno detto le amministrative e sono sicuro che anche le prossime elezioni lo dimostreranno.

Questa passione merita sicuramente di essere ricambiata molto meglio dalla politica nazionale di quanto è stato fatto negli ultimi anni nei confronti del Mezzogiorno d’Italia.

L’incontro di oggi per noi è il terzo di una serie di appuntamenti sul territorio con i nostri dirigenti, sindaci e amministratori locali.

L’obiettivo è discutere e delineare con voi le prossime mosse del partito e di tutta l’area dei moderati, guardando agli appuntamenti dei prossimi mesi, a cominciare dalla campagna elettorale che prenderà il via all’inizio del 2013.

Ma siamo qui, dopo essere stati al Centro e al Nord nei giorni scorsi, anche per ascoltare le istanze provenienti dai nostri quadri e dirigenti attivi sul territorio.

La discussione, seria e anche critica se necessario, ma sempre costruttiva come sono certo sarà pure quella di oggi, è indice della vitalità di un partito.

E noi, come abbiamo dimostrato anche alle ultime elezioni amministrative, siamo un partito vivo e vitale che non si nasconde dietro un dito.

Che non ha paura di ammettere che avrebbe voluto e potuto fare di più, ma che ha anche dimostrato di essere tra i pochissimi in grado di reggere con sicurezza e mantenere i propri consensi di fronte all’ondata crescente dell’antipolitica.

Comunque le amministrative sono già il passato. Noi dobbiamo concentrarci sul presente e sul futuro.

In queste ore a Bruxelles si stanno prendendo decisioni fondamentali per il futuro di tutta l’Europa e dell’Italia.

Siamo un Paese sotto attacco della speculazione finanziaria e in grave crisi economica.

L’intera costruzione della casa europea, che ha visto sempre in prima linea, da protagonisti, l’Italia e i nostri Padri, da De Gasperi, a Moro, a Fanfani, è messa in discussione dall’insorgere di nazionalismi e populismi alimentati dalla crisi.

Noi per primi siamo un Paese in crisi.

Anzi appena otto mesi fa, non dobbiamo mai dimenticarlo, stavamo diventando l’epicentro della crisi.

Da Paese fondatore dell’Europa ci siamo ritrovati ad essere la possibile palla al piede dell’Europa.

E questo, purtroppo, non ha certo stupito noi dell’Udc.

Negli ultimi anni siamo stati i primi e a lungo i soli in Parlamento a dire che senza riforme, senza un impegno corale del Paese e dei partiti di destra, di centro e di sinistra l’Italia stava rischiando grosso.

Perché non cresceva più e perdeva terreno su tutti i fronti nella competizione globale.

Siamo stati i primi e a lungo gli unici a denunciare la follia di un bipolarismo che creava coalizioni contraddittorie costruite solo per vincere le elezioni.

Mentre il Paese aveva bisogno di coalizioni costruite per funzionare dal giorno successivo alle elezioni, capaci cioè di governare.

Non è un caso allora se siamo l’unico partito che ha rinunciato al potere ed è rimasto all’opposizione sia nella passata legislatura sia in questa fino al momento in cui quel sistema che abbiamo denunciato con forza, quel bipolarismo, non è crollato.

Abbiamo rischiato, perfino la nostra esistenza, per rimanere coerenti con le nostre idee.

E i fatti ci hanno dato ragione.

Quel sistema che abbiamo contribuito in modo decisivo ad archiviare non produceva nulla di buono per il Paese. Produceva solo divisioni.

E la prima vittima di quelle divisioni, voi lo sapete meglio di me, è stato proprio il Sud.

Per anni il Sud è stato visto come una malattia e non come una risorsa.

C’è stato chi ha scientificamente operato per cercare di dividere il Paese. E, guardate, c’era quasi riuscito, inseguendo un mostro di federalismo che rompeva la solidarietà tra Centro, Nord e Sud, che moltiplicava i centri di spesa.

Pretendevano di darci lezioni e stavano spaccando l’Italia.

Poi si è visto che questi che salivano in cattedra e guardavano il Sud dall’alto al basso forse avrebbero fatto meglio a nascondersi sotto la cattedra.

E sarebbe bene ricordare che contro quel federalismo disgregante a lungo si è schierato in Parlamento solo un partito: l’Udc.

Oggi tutti possono vedere cosa ha lasciato in eredità al Sud quel bipolarismo e quella politica.

Una disoccupazione, a cominciare da quella giovanile, a livelli spaventosi.

Una ripresa dell’emigrazione verso il nord e verso l’estero delle migliori intelligenze di queste terre.

Un vuoto industriale e produttivo tra promesse fuori tempo e fuori luogo come quella del Ponte sullo Stretto.

C’era piuttosto una realtà assai diversa che si è preferito nascondere o cancellare.

Una realtà fatta di ritardi strutturali e di responsabilità, nazionali, ma anche di responsabilità della classe politica locale – su questo credo che tutti, con onestà, debbano fare autocritica – che non è stata capace di restituire speranza a questa terra.

Oggi però qualcosa è cambiato. Qualcosa sta cambiando.

E uno straordinario protagonista di questa stagione diversa è un uomo del Sud, un uomo di questa città, al quale va tutto il nostro apprezzamento e la nostra stima.

Questo straordinario protagonista è il nostro presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Mentre altri lavoravano per dividere il Paese, lui non si è mai piegato ed ha lavorato senza sosta per mantenerlo unito.

Di questo devono essergli grati tutti gli italiani. Tutti. Dal Trentino alla Sicilia.

Se l’Italia ha ancora una speranza, quella speranza oggi ha il volto del nostro Presidente della Repubblica e ha il volto del nostro presidente del Consiglio Mario Monti, che in queste ore ci sta rappresentando in Europa in una difficilissima trattativa.

 

<p align="justify"> A Bruxelles – dicevo – si decide il futuro dell'euro e dell'Europa. Speriamo che questo vertice si chiuda anche oggi con un successo dell'Italia.

Certo, sarebbe stato meglio se tutto il Parlamento si fosse unito al nostro Governo, approvando una mozione unitaria sull’Europa, come avviene per le missioni di pace dei nostri soldati all’estero. Chi ha scelto di non votare quella mozione si è comportato esattamente come chi vota contro i nostri soldati. Sono comportamenti anti-italiani.

Non è di questo che abbiamo bisogno.

Abbiamo assistito a giochi di parte irresponsabili.

Ancora poche ore fa, pochi giorni fa, metà del Pdl non ha votato la riforma del lavoro.

Possiamo essere tutti d’accordo sul fatto che la riforma rappresenta un passo in avanti rispetto alla situazione precedente ma potrà e dovrà essere migliorata.

Ma intanto serviva dare un segnale, dimostrare che siamo uniti e determinati nello sforzo di superare la crisi.

Di rimanere in Europa e nell’euro, di lavorare alla costruzione politica degli Stati Uniti d’Europa. E invece ancora nei giorni scorsi ci è toccato sentire l’ex presidente del Consiglio affermare che l’Italia dovrebbe uscire dall’euro.

O in alternativa che dovremmo buttare fuori la Germania.

Basta! Questo è il momento di essere seri.

E’ il momento di scegliere tra il populismo e la responsabilità.

E’ il momento di dirci la verità.

La verità è che fuori dall’euro e dall’Europa per l’Italia c’è solo l’inferno, un’inflazione a due cifre, la perdita di altri milioni di posti di lavoro, il distacco dall’Europa, la marginalizzazione totale del Paese.

E se uscire dall’euro sarebbe una condanna per l’Italia, per il Sud sarebbe semplicemente la fine.

La crisi che stiamo attraversando non è una nuvola passeggera.

E’ una crisi strutturale dell’Italia e dell’Europa intera. La crisi dell’Europa è una crisi di mancanza di unità politica.

Possiamo e dobbiamo far capire alla Germania che accanto al rigore serve la crescita.

Ma soprattutto dobbiamo far capire ai tedeschi che anche la Germania nel nuovo mondo che va dalla Cina al Brasile prima o poi si scoprirà più piccola.

E che solo l’orizzonte più largo dell’Europa garantirà a noi e a loro un futuro di sviluppo duraturo.

La crisi dell’Italia si chiama mancanza di crescita ed è il frutto della politica sciagurata degli ultimi dieci-quindici anni.

Una politica che al di là delle promesse e dei litigi non ha prodotto niente.

Ed ha costretto il governo Monti a somministrare una cura da cavallo al Paese per evitare che morisse schiacciato dal peso del debito e dei tassi di interesse che il nostro Stato e le nostre aziende devono pagare sui mercati per finanziarsi.

In pochi mesi questo Governo ha messo a punto il decreto Salva-Italia, la riforma delle pensioni, le misure anti evasione, le liberalizzazioni, le semplificazioni, la riforma del lavoro, il disegno di legge anticorruzione, il decreto sviluppo, la spending review.

In quasi vent’anni di bipolarismo tutti i governi di centrodestra e centrosinistra messi insieme non avevano fatto un quarto di queste riforme.

Sono riforme spesso dolorose. Ma quando il malato rischia di morire non guarisce con le carezze.

Eppure c’è ancora chi prova a dire che basta una carezza, o una scorciatoia.

La scorciatoia della demagogia che unisce Grillo a Berlusconi.

Allora, se questa è la situazione, che cosa dobbiamo fare?

Intanto augurarci che il presidente Monti riesca ad ottenere insieme agli altri partner europei un risultato positivo da questo vertice.

E poi, sapendo che la crisi non è finita e non finirà prima di qualche anno, continuare a sostenere questo Governo fino alla fine della legislatura.

Perché chi vuole andare al voto anticipato e aprire un vuoto di governo di quattro mesi proprio ora, è solo un irresponsabile.

Mentre abbiamo davanti ancora alcuni mesi di lavoro e dovremo farli fruttare al meglio. Qui bisogna lavorare per approvare nuove riforme, a cominciare dalla riforma elettorale.

Su questo voglio essere chiaro.

Andare a votare con il Porcellum è impensabile.

Noi vogliamo andare a votare con le preferenze ed è su questo che ci batteremo fino in fondo!

Per una legge che contempli anche le preferenze di genere.

Nel frattempo ogni giorno esce fuori una proposta nuova: il semipresidenzialismo, il presidenzialismo, il senato federale.

Sono tutte riforme che richiedono modifiche alla Costituzione impossibili in sei mesi.

Mentre la riforma della legge elettorale si può e si deve chiudere in pochi giorni.

Vogliamo creare le condizioni perché a questo Governo dei tecnici ne succeda un altro, di larghe intese, in cui tecnici e politici insieme possano proseguire l’opera riformatrice che è stata avviata in questi mesi da Monti.

Con chi farlo? Con i moderati in primo luogo.

Loro sono i nostri alleati naturali, i nostri primi compagni di strada.

Si parla tanto di alleanze, spesso a vanvera. Con chi dovremmo allearci se non con chi la pensa come noi?

Noi siamo moderati, ma non abbiamo la pretesa di essere tutti i moderati.

Ci sono molti altri moderati nel Pdl, nel Pd, nella società civile, nel mondo dell’impresa, dell’Università, delle professioni.

Ci sono moderati politici e moderati tecnici.

E con loro vogliamo costruire nei prossimi mesi, entro l’autunno, un nuovo soggetto politico più grande in cui si parta tutti alla pari. </p>

Un soggetto che abbia dei valori chiari alla sua base.

Stiamo vedendo in questi mesi come si liquefanno alla svelta i partiti che non si basano su valori condivisi solidi.

Noi questi valori li abbiamo per fortuna e li porteremo in dote nel nuovo soggetto: sono i valori della moderazione appunto, del popolarismo che è il contrario del populismo, della centralità dell’uomo, della convinta consapevolezza che alla base della società civile italiana e della civiltà europea ci sono i valori della cristianità.

E ancora porteremo in dote i valori dell’europeismo, quelli su cui si fonda anche il Partito Popolare Europeo.

Proprio perché abbiamo valori solidi sappiamo anche che siamo e saremo sempre naturalmente alternativi alle idee della sinistra progressista.

Ma i nostri valori, l’esempio dei nostri Padri democratici cristiani, ce lo insegna: nei momenti più difficili le forze alternative sono chiamate a un supplemento di responsabilità e a unirsi per guidare il Paese verso la via d’uscita dalle difficoltà.

E’ successo dopo la guerra, quando si è scritta insieme la Costituzione di tutti gli italiani.

E’ successo negli anni ’70 con il terrorismo.

Sta succedendo oggi con la più grave crisi economica degli ultimi decenni.

E dovrà succedere anche per le prossime elezioni.

Proprio perché la crisi non si esaurisce in un mese, ma richiede riforme e uno sforzo collettivo per anni, noi siamo chiamati a fare la nostra parte e a garantire continuità all’azione dell’attuale governo anche per la prossima legislatura.

Siamo del tutto incompatibili con i populisti che ci vogliono trascinare fuori dall’euro.

Siamo del tutto incompatibili con chi parla di secessione, con chi come Di Pietro attacca il capo dello Stato e non ha rispetto per le istituzioni.

Con le forze responsabili possiamo dialogare, con gli irresponsabili no.

Questo è il lavoro che ci attende.

Non esistono alternative e comunque noi non ci tireremo indietro.

Lo dobbiamo ai giovani italiani.

Lo dobbiamo ai ragazzi del sud, che hanno il diritto di tornare a sperare in un futuro migliore a casa loro, senza dover essere costretti a fuggire dalla loro terra.

E lo dobbiamo all’Italia e a chi ha fatto la storia di questo Paese prima di noi anche a costo della propria vita.

Ce la dobbiamo fare e ce la faremo. Grazie.










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