Anche il Consiglio Europeo in corso finirà con il dover affrontare la questione di fondo che è tale fin dall’inizio del processo di integrazione economica iniziato a Roma nel 1957. Senza ripercorrere tutte le tappe dei consigli europei che si sono svolti da allora ad oggi, occorre aver comunque presente che l’intero processo di integrazione economica ha sempre avuto questa questione di fondo: lavorare ad un tempo per le soluzioni di integrazione economico-finanziaria possibili al momento; conservare allo stesso tempo la prospettiva di una integrazione politica destinata a superare complessivamente le diverse sovranità nazionali.
È evidente che questo lungo processo di integrazione economica si è imbattuto complessivamente in due tempi storici di fondo: da un lato il rapporto con l’Unione Sovietica fino all’inizio degli anni Novanta, e dall’altro la componibilità del processo medesimo con il nuovo scenario della globalizzazione finanziaria. Non vi è mai stato un solo momento nel quale non si sia proceduto lungo la strada di una qualche integrazione ulteriore rispetto al passato, ma non vi è stato del pari nessun momento nel quale vi sia stata il pieno e compiuto superamento della sovranità nazionale. Durante tutta la fase caratterizzata dalla guerra fredda il processo di integrazione economica si è infatti venuto sviluppando lungo tre direttrici: elezione popolare diretta del Parlamento Europeo per altro mantenendo la elezione dei parlamentari europei distinta Stato per Stato; Commissione europea quale punto di approdo sostanzialmente intergovernativo ma formalmente comunitario; consiglio europeo anche formalmente interstatale. Le innovazioni istituzionali previste dal trattato di Lisbona configurano un più alto tasso complessivo di democraticità dell’intero processo, ma allo stesso tempo costituiscono poco più di un embrione di politica estera comune e di politica europea comune. Queste sono infatti le questioni essenziali e residuali della sovranità nazionale, perché gli Stati mai fino ad ora hanno rinunciato a costituire proprie sedi diplomatiche in ciascun paese. L’integrazione economico-monetaria sta vivendo a sua volta una fase di estrema delicatezza: il rapporto tra Euro e Dollaro. Non si tratta soltanto della ricerca di un nuovo equilibrio interno all’Occidente, ma anche e soprattutto delle ulteriori limitazioni economiche, finanziarie e monetarie, delle sovranità nazionali tuttora esistenti. Ora occorrerà dunque ricercare un nuovo e significativo punto di equilibrio tra le fasi ulteriori del processo di integrazione economica e le conseguenti riduzioni di sovranità nazionale concernenti proprio le politiche economico-finanziarie di ciascuno stato.
Non si tratta di una sorta di partita tra la Germania e i suoi amici da un lato, e tutti i “nemici” dell’una e indirettamente degli altri dall’altro lato, come sembra talvolta di cogliere anche nelle più raffinate valutazioni italiane. La questione di fondo che si pone proprio in questi giorni – in modo forse più deciso che in occasione di altri Consigli europei – concerne il nuovo equilibrio tendenzialmente europeistico rispetto alla sopravvivenza anche molto significativa delle sovranità nazionali concernenti proprio la politica economico-finanziaria di ciascuno Stato. È in questo contesto che assume particolare rilievo la questione del processo di globalizzazione finanziaria in atto. Per sua natura la finanza non conosce spazi territoriali definiti da questa o quella sovranità. Essa infatti costituisce una sorta di sede legittimata dalla moneta e non da elezioni popolari, come nel caso delle sovranità nazionali, con particolare riferimento a quelle che si sono sviluppate soprattutto a partire dalla rivoluzione francese. Questo appare dunque il nodo di fondo di fronte al quale si trova questo Consiglio europeo: ricercare il nuovo equilibrio o dichiarare la conclusione negativa dello straordinario esperimento europeo in corso.
In questo contesto si inserisce la specifica vicenda italiana, perché noi siamo per un verso fortemente orientati anche nel senso della progressiva riduzione della nostra sovranità nazionale nel quadro di una crescente integrazione politica europea, ma per altro verso fortemente gelosi delle nostre specifiche caratteristiche di popolo che conosce la propria esperienza democratica in un contesto di scontri plurisecolari tra laici e cattolici; tra nord e sud; tra destra e sinistra; tra localismo anche nazionale ed europeismo definitivamente sovranazionale. Anche i partiti politici italiani sono chiamati a una prova sostanzialmente nuova rispetto a quelle precedenti che si sono caratterizzate per quelle radicali divaricazioni. È proprio il contesto europeo in quanto tale a richiedere per qualche tempo di saper guardare al di là della propria specifica identità – che va comunque orgogliosamente salvaguardata – per attingere ad una vera e propria dimensione politica europea all’interno della quale soltanto potrà iniziare in modo nuovo anche la tradizionale contrapposizione tra schieramenti politici gli uni alternativi rispetto agli altri. Questa è l’esperienza che ci viene proprio dalla Germania della Grosse Koalition, e ora dalla Grecia del nuovo governo Samaras. Sta al Governo Monti della cosiddetta “strana” maggioranza saper dimostrare che mai come in questa stagione non si può tornare indietro alla vecchia contrapposizione, perché i tempi attuali non consentono ne’ nostalgie di un passato ormai definitivamente esaurito, ne’ utopie verso futuri realisticamente impossibili.
Di Francesco D’Onofrio, tratto da Liberal del 29 giugno 2012