Signor Presidente, ho ascoltato, registrando con molta attenzione, quanto ci diceva l’onorevole Borghesi, che ha illustrato la mozione di Pietro su una vicenda certamente articolata e complessa che ci riporta ai drammi e alle tragedie del 1992 e del 1993.
Ci riporta a quella che è stata l’esplosione della criminalità organizzata, con le uccisioni dei giudici Falcone e Borsellino, di cui allora si parlò con forza, e si sta parlando, in questo momento, con molto impegno, all’interno anche delle istituzioni parlamentari, al di là di quelli che possono essere e sono i commenti, anche giornalistici. Il dato che si evidenzia e che posso sottolineare in questo momento, signor Presidente, nonché portare all’attenzione sua e dei colleghi, è che su questi fatti certamente vi è un’attenzione e soprattutto un impegno, e quando vi sono attenzione e impegno tutto va bene. Però, quando poi vi sono alterazioni, o quanto meno tentativi di forzare quelli che sono gli avvenimenti a fini particolari, di interesse o di ritorno sul piano politico, questo non va. Non va perché la battaglia e il contrasto alla criminalità organizzata sono fatti seriamente e fortemente ritrovando una coesione per riproporre, in termini culturali, una via della civiltà contro quello che è l’espressione dell’inciviltà, dell’antistato e della negazione di ogni principio umano di difesa dei valori umani. Ritengo che questa sia la discriminante.
Quante volte la lotta alla criminalità organizzata è stata appannaggio o quanto meno è stata alterata e strumentalizzata da chi, tanto per riportare e riproporre quello che è stato un giudizio di un famosissimo giornalista, svolge il professionismo dell’antimafia, della criminalità organizzata. Vi è una vera attenzione, oggi, nel Paese, nel combattere seriamente tutto ciò che altera lo sviluppo e l’ordinato evolversi della vita e la convivenza civile, se è vero, com’è vero, che alcuni territori e alcune zone del nostro Paese sono appannaggio e sono controllate dalla criminalità organizzata, con tutte quelle che sono le ricadute economiche, le ricadute civili e quelle che sono, ovviamente, le distanze che si determinano verso quelle esigenze di un approdo ad una umanità, una civiltà e a uno Stato più giusto e più equo? Tuttavia, credo che tutto ciò non interessi semplicemente alcune regioni più volte e individuate e monitorate: ormai anche dagli studi e dalle valutazioni fatte, soprattutto dalle conoscenze e dalle conquiste conoscitive, sappiamo che si tratta di un fenomeno che si distribuisce «equamente» su tutto il territorio nazionale, con appigli e con approdi anche oltre i confini del nostro Paese, in Europa e oltre l’Europa.
Allora ritengo che la lotta alla criminalità organizzata debba essere una lotta di civiltà, una lotta sul piano culturale. Sarebbe veramente molto modesto se riproponessimo alcuni schemi di infeudamento di questo problema verso posizioni che sono di parte. O il contrasto alla criminalità organizzata è una battaglia, un patrimonio comune di tutte le forze politiche, di tutte le forze sociali, una rivolta morale di tutto il Paese, della sua parte più sana e più forte, che è la stragrande maggioranza del Paese, oppure anche questo è un argomento come gli altri, che viene a volte utilizzato per affermare alcune posizione in termini certamente non oggettivi, ma attraverso forzature che sanno di strumentalizzazione.
Questo è un dato che non possiamo certamente accettare. Chi vive in alcune zone e in alcuni territori sa quali sono i grandi ritardi, quali sono state le alterazioni e qual è la difficoltà di trovare un momento di riferimento forte e impegnativo. Voglio ricordare in questo momento le parole che in questi giorni sono state pronunciate nella mia regione calabrese da un vescovo illuminato, come è Monsignor Morosini (vescovo di Locri), proprio dal santuario di Polsi, quando ha detto chiaramente che vi è una stragrande maggioranza di calabresi che vuole reagire e che deve reagire, e ha richiamato tutti a una comune responsabilità e a un senso del dovere anche nel rivedere alcune posizioni di chi resta nel peccato.
È un richiamo forte anche sul piano culturale che cerca di sollecitare e soprattutto di spingere e di incentivare le grandi iniziative e prese di coscienza di questo nostro Paese, di questo nostro Mezzogiorno, di questa nostra regione.
Ecco perché noi ci siamo impegnati, signor Presidente, come forza, e facevo poc’anzi riferimento all’istituzione parlamentare. Certamente c’è la magistratura che indaga tra varie vicende, tra varie – molte volte – difficoltà, o molte volte confusioni o disarticolazioni, diciamolo con molta chiarezza, sulle vicende del 1992 e 1993, incominciando dagli attentati dell’Addaura e poi quello che è stato, come ricordavo poc’anzi, il clou dell’azione con l’uccisione di Borsellino e di Falcone, ‘attentato abortito all’Olimpico di Roma, una strage, e poi tutte le altre vicende che hanno interessato Milano, Firenze e la stessa Roma.
La Commissione antimafia, signor Presidente, ha lavorato con molto impegno e alacremente in questi giorni. Certamente sta per chiudere un difficile lavoro, ma fatto attraverso il coinvolgimento di tutte le forze politiche. Ricordo, signor Presidente, che quando noi abbiamo deciso, come Ufficio di presidenza allargato ai rappresentanti di gruppo, di avviare questa nostra indagine e questo nostro lavoro, ci sono state delle posizioni in contrasto.
Dico al mio amico onorevole Borghesi: io prendo atto, onorevole Borghesi, della mozione che ha fatto e oltretutto condividevamo qualche valutazione, che ricordo bene, con la collega Garavini. Quando noi abbiamo deciso, onorevole Borghesi, di avviare questa indagine non abbiamo avuto tanto il conforto – allora ne faceva parte – dell’onorevole Di Pietro, perché Di Pietro lo vedeva come un attentato ai magistrati e al loro lavoro.
Che significa l’interessamento e l’intervento della Commissione antimafia quando ci sono i magistrati che stanno lavorando? Sembrava come se fosse un attentato ai magistrati, ma mettendo così in discussione una istituzione di carattere parlamentare, tanto è vero che abbiamo aperto un grande dibattito in Commissione antimafia su quello che era il ruolo dei magistrati e quelli che erano il ruolo e le competenze della Commissione parlamentare antimafia.
Questo discorso non si è mai chiuso. Non capisco qual è il giudizio definitivo del collega, onorevole Di Pietro. Lo capisco in questo momento, quando c’è una mozione. Se ci sono questi precedenti, onorevole Borghesi, ovviamente il sospetto di una forzatura e di una strumentalizzazione ritengo che ci possano essere e mi sta veramente molto a cuore capire soprattutto come si evolve ed articola tutto il processo.
Allora non c’è dubbio, come dicevo poc’anzi, che stiamo chiudendo. L’altro giorno abbiamo dedicato moltissime delle nostre ore e del nostro impegno di lavoro a sentire gli ultimi auditi. Altri auditi li ascolteremo anche nei prossimi giorni e poi andremo ad una relazione definitiva, certamente fermo restando il ruolo della magistratura e della Commissione parlamentare.
Noi certamente siamo rispettosi delle regole nel momento in cui rivendichiamo una lotta seria alla criminalità organizzata, tutto questo nasce infatti dal rispetto delle regole. Ritengo che anche la risposta al question time data dal Ministro ad un atto di sindacato ispettivo, mi pare il 5 settembre, non sia stata una risposta negativa.
C’è una risposta molto seria, che si rifà a delle valutazioni sul piano giuridico volte ad acquisire elementi, non escludendo anche la richiesta fatta attraverso questa mozione, e certamente non soltanto in questa mozione, di una costituzione di parte civile da parte del Governo.
Tuttavia, ritengo che bisogna procedere e concludere tutta una serie di iniziative, a mio avviso, per avere dei punti fermi e dei dati certi su una vicenda caratterizzata da momenti oscuri e parti ancora da chiarire. Ritengo che bisogna certamente lavorare perché queste ombre vengano ad essere rimosse.
Se vogliamo semplicemente fare della propaganda, molte volte le propagande, soprattutto gli articoli giornalistici e le trasmissioni televisive, non aiutano a sapere e a conoscere la verità dei morti ammazzati e del cancro forte che c’è in alcuni territori all’interno del nostro Paese. Allora – e le nostre valutazioni le faremo anche in sede di dichiarazione di voto – perché non considerare con attenzione, e soprattutto con grande rispetto, la posizione che qui ci ha rassegnato il Governo?
Io ritengo che sia questo un atto doveroso proprio nel concetto a cui facevo riferimento prima, ossia senza violare le regole ma nel loro rispetto, visto e considerato che nella lotta oggi alla criminalità organizzata non ci deve essere un primo e un secondo della classe, ma io ritengo che chi ha un minimo di senso delle istituzioni, di senso dello Stato, di senso della storia di questo nostro Paese, si pone a lottare contro chi vuole creare le condizioni per un ritorno ai secoli bui, come si suol dire, e aprire una prospettiva seria e forte per dare fiducia alle nuove generazioni, una prospettiva seria in questo nostro Paese.
Signor Presidente, come dicevo poc’anzi, avremo modo di riprendere questo tema e di avere poi una posizione definita anche del mio gruppo nel prosieguo di questo nostro dibattito. Ho voluto anticipare una certa posizione senza nessuna polemica, ma per capire se questa mozione è fine a se stessa oppure innesca un processo diverso. Tuttavia io ritengo che così com’è stata posta, così com’è stata rappresentata è un po’ fine a se stessa, ha un fine di parte, e questo non va bene perché, se è di una parte, ovviamente non esprime una volontà di una lotta seria alla criminalità organizzata all’interno del nostro Paese.