Il faccia a faccia Bersani-Renzi andato in onda mercoledì sera su Raiuno ha posto in evidenza in modo assolutamente incontrovertibile che vi è una differenza di fondo tra l’uno e l’altro aspirante alla presidenza del consiglio in nome del centro sinistra: per Bersani, infatti, occorre una sorta di alleanza di governo tra i cosiddetti “progressisti” e i cosiddetti “moderati”, intesa quindi questa alleanza nel senso di una alleanza di governo e non di partito, mentre per Renzi non occorre alcun trattino specifico per una alleanza tra il Pd e i moderati di Casini perché, secondo Renzi (in questo senso Renzi ha una posizione del tutto coincidente con quella di Veltroni del 2008) il Pd basta da solo per governare in quanto esso dovrebbe essere capace di conquistare anche elettori per così dire “moderati”. Si tratta pertanto di una rinnovata vocazione maggioritaria del Pd.
Non si tratta soltanto di una questione per così dire di eleganza stilistica: con o senza un trattino. Si tratta infatti della sostanza stessa della idea di politica e di governo che Bersani e Renzi rappresentano in questa congiuntura della politica nazionale, anche alla luce di quel che sta accadendo nel Pdl. Non occorre andare molto indietro nel tempo per rilevare una sorta di continuismo per così dire “berlingueriano” nella posizione di Pier Luigi Bersani. Per il Berlinguer del compromesso storico, infatti, il governo del Paese richiedeva allora (e per Bersani richiederebbe oggi) il concorso strategico e normale dei “progressisti” rappresentati dal Partito Comunista e dai “moderati” rappresentati dalla Democrazia Cristiana.
Si trattava allora della difficilissima componibilità tra la situazione di Guerra Fredda e il contesto politico italiano.
Oggi, invece, siamo in presenza dei vincoli sempre più stringenti che il processo di integrazione europea comporta anche per l’Italia. Questa cultura di governo – espressa allora da Berlinguer e oggi da Bersani – è strutturalmente inidonea a considerare eccezionale e non strategica quella che i tedeschi hanno sperimentato come Grande Coalizione, e che rappresenta oggi l’alternativa strategica e non occasionale che l’area di centro rappresenta per l’area politica rappresentata dal Pd.
Una sorta di centro sinistra con il trattino diviene pertanto una affermazione di primato politico dell’area rappresentata oggi dal Pd, e di conseguente carattere necessitato ma pur sempre subordinato dell’area politica rappresentata dall’Udc.
Chi volesse infatti ragionare in termini di culture di governo alternative, l’una facente capo al Pd e l’altra facente capo ad un’area di centro nella quale si riconosce l’Udc, potrebbe anche giungere a considerare storicamente necessaria una Grande Coalizione per affrontare problemi strategici complessivi dell’Italia, ma non giungerebbe mai a ritenere permanente l’alleanza tra i cosiddetti “progressisti” e i cosiddetti “moderati”. Questa posizione infatti fu contrastata da Aldo Moro nei confronti di Berlinguer proprio in nome del concetto di democrazia che l’una visione contiene rispetto all’altra.
La cultura liberal-democratica ritiene infatti che vi possano essere occasioni eccezionali perché governino insieme soggetti politici normalmente alternativi l’uno rispetto all’altro, sempre che entrambi i soggetti politici abbiano una idea sostanzialmente comune della democrazia. Al fondo di questa idea comune vi è l’apprezzamento della opposizione al governo quale parte essenziale per il concetto stesso di democrazia. Chi parla oggi pertanto di una sorta di centro sinistra con il trattino sembra farlo perché ritiene che al di fuori di questa alleanza non vi sia opposizione democratica, ma soltanto posizioni comunque antidemocratiche.
Chi ritiene invece che si debba vivere in un sistema sostanzialmente bipartitico nel quale si confrontino due soggetti soltanto per il governo del Paese, finisce con il ritenere che non vi sia un soggetto politico di centro, ma solo elettori vagamente “moderati”, la conquista dei quali finisce con il consentire la vittoria elettorale dell’uno o dell’altro soggetto di governo. È in fondo dal 2008 che questione questione politica ed istituzionale viene posta: vi sono soltanto Pd e Pdl in quanto centrosinistra senza trattino e centrodestra senza trattino, o vi è anche una altra proposta di governo e non solo di identità, che fa capo a soggetti politici esterni sia all’uno che all’altro?
Questa questione di fondo è tornata prepotentemente alla ribalta l’altra sera nel confronto Bersani-Renzi. Lo scioglimento di questo nodo rappresenterà la sostanza politica delle prossime elezioni: l’Italia sta infatti cercando faticosamente di passare dal vecchio bipolarismo della Guerra Fredda ad un bipolarismo – non necessariamente bipartitico – coerente con i vincoli nazionali che il processo di integrazione europea oggi comporta.
Di Francesco D’Onofrio, tratto da Liberal di Sabato 01 Dicembre 2012