Al di là della discussione sulla opportunità o meno di affrontare grandi riforme strutturali nel contesto di questa grave crisi economico-finanziaria, sembra necessario porre in evidenza il fatto che non si tratta di un avvenimento per così dire di tipo meteorologico ma di una evoluzione del tutto compatibile con il tasso di sviluppo finanziario che il modello economico anglo-americano aveva finito con il conseguire.
Per le stesse ragioni si è a lungo discusso sul perché l’Italia ha affrontato questa crisi in condizioni complessivamente migliori di Paesi che hanno avuto un equilibrio sbilanciato a favore della finanza rispetto alla manifattura e alla stessa agricoltura.
La domanda dunque è stata ed è: si tratta di un’arretratezza italiana rispetto a Paesi più evoluti o di un mix di arretratezza e di specificità positiva nazionale? Sì che la crisi è stata affrontata dall’Italia in termini complessivamente migliori di altri Paesi anche se il futuro rimane non roseo proprio perché le specificità positive italiane non sono state sufficientemente considerate in passato e – quel che più conta – proprio oggi nel contesto di questa crisi.
Due sono le condizioni complessivamente positive che vengono universalmente riconosciute quali strutture sociali e territoriali idonee a consentire la miglior tenuta dell’Italia nel corso di questa crisi: da un lato una strutturale capacità della famiglia italiana ad essere soggetto economico e non solo morale, dall’altro la diffusione sul territorio nazionale di migliaia di comuni capaci di contenere l’effetto potenzialmente dirompente della crisi.
Occorre pertanto che – proprio in un momento nel quale sembrano in via di superamento le preoccupazioni più gravi concernenti le conseguenze anche in Italia della crisi finanziaria prevalentemente anglo-americana – appare necessario intervenire con riforme adeguate sia sulla struttura familiare italiana per consentirne ad un tempo tenuta sociale e capacità di spesa, sia sul grande numero di realtà territoriali italiane per fare di esse uno strumento essenziale anche per contenere la temuta disoccupazione in termini socialmente accettabili.
Se non si vuole metter mano strutturalmente a un sistema fiscale fondato sul coefficiente familiare, occorre quanto meno essere consapevoli che la famiglia italiana sta vivendo una stagione di grande difficoltà perché l’entità del risparmio al quale la sua cultura la porta non è in grado di far fronte alle spese sociali alle quali essa viene chiamata proprio in tempo di crisi.
Una riforma anche fiscale della famiglia stessa rappresenta pertanto il modo migliore per far sì che l’uscita dalla crisi – alla quale prima o dopo ovviamente assisteremo – non avvenga lasciando le cose come stanno ma proprio prendendo atto del carattere morale ed economico ad un tempo della famiglia medesima. Ed è in questo contesto che risulta strategico anche un intervento normativo e fiscale ad un tempo sull’intero comparto dell’artigianato: la connessione tra struttura familiare e attività artigiana ha infatti rappresentato un punto di equilibrio non sempre tenuto presente proprio nel passaggio da una struttura prevalentemente agricola ad una struttura prevalentemente industriale, come si è assistito in Italia nei decenni scorsi che sono stati appunto caratterizzati dal tumultuoso passaggio dall’agricoltura all’impresa.
Una riforma che tenga conto dei rilevantissimi aspetti positivi della struttura familiare italiana proprio nel contesto di questa crisi finanziaria appare pertanto certamente utile durante la crisi e non dopo la medesima: famiglia e servizi sociali da un lato e famiglia e artigianato dall’altro sono pertanto i due suggerimenti di riforme normative e legislative tipiche dell’esperienza italiana in questa crisi.
Non vi è dubbio che l’Italia da sola non è in grado di intervenire in modo tale da modificare il corso della crisi finanziaria in atto: le nostre capacità finanziarie si possono tutte giocare soltanto all’interno del contesto europeo e in confronto con gli Stati Uniti d’America. Ma non vi è del pari dubbio che ciascun Paese – e l’Italia tra questi – è chiamato proprio in questi mesi a rilevare le proprie specificità positive, esaltando le quali si può sperare di raggiungere un nuovo equilibrio complessivo in un contesto di globalizzazione quale è il contesto attuale del mondo in cui viviamo.
Di Francesco D’Onofrio, tratto a Liberal del 05 settembre