2009-09-15T15:30:00
È auspicabile che si comprenda a fondo il significato complessivo – culturale e politico – che hanno avuto gli Stati Generali dell’Unione di centro che si sono svolti a Chianciano in questi giorni. È dalle elezioni politiche dello scorso 2008 che è stata proposta la Costituente di centro quale progetto culturale e politico complessivo rispetto alle condizioni – che riteniamo complessivamente deteriori – alle quali è stata condotta l’Italia dal sedicente bipolarismo Pdl-Pd.
L’analisi condotta a Chianciano – splendidamente contenuta nell’intervento conclusivo di Pier Ferdinando Casini – è infatti partita dall’analisi della situazione nella quale si trova l’Italia di oggi anche in virtù di questo sedicente bipolarismo: una sorta di guerra civile continua che danneggia l’Italia tutta sia da un punto di vista strettamente culturale (basti pensare al dibattito agostano sulla bandiera e sui dialetti); sia da un punto di vista economico-sociale (quale ruolo dell’Italia nell’attuale contesto mediterraneo, europeo, mondiale).
Non si tratta dunque di proporre per l’ennesima volta – come purtroppo ha mostrato di ritenere Dario Franceschini – un terzo polo di centro, È destinato a rimanere comunque piccolo e marginale. Non si tratta di un ragionamento condotto in chiave di convenienza tattica del tipo dei “due forni”, come molti osservatori e operatori politici hanno affermato anche in questi giorni. Non si tratta della riproposizione di una “mitologica” attesa del “dopo Berlusconi”, intesa nel senso di un progetto che per nascere ha bisogno della morte – ovviamente politica – dello stesso presidente del Consiglio, come sembrano aver ritenuto gli esponenti del Pdl che hanno parlato di un tempo lungo per il governo in carica e di un tempo ovviamente imprevedibile della vita politica di Berlusconi.
La straordinaria varietà degli interventi agli Stati Generali ha infatti dimostrato che siamo in presenza di qualcosa di radicalmente nuovo e non di una stanca riproposizione di nostalgici ritorni al passato, anche se di questo passato occorre che sia svolta una seria riflessione, a sua volta non “mitologica”.
Due appaiono pertanto le considerazioni di fondo sulle quali soffermare l’attenzione: in primo luogo, la fuoriuscita dell’intellettualità cattolica da uno stato quasi di soggezione e di minorità, per iniziare con grande coraggio e generosità quella nuova stagione di cattolici impegnati in politica alla quale aveva fatto riferimento Benedetto XVI a Cagliari, un anno prima della sua straordinaria enciclica Caritas in Veritate; in secondo luogo, l’interesse dimostrato alla prospettiva del nuovo soggetto politico chiamato a governare l’Italia da parte di esponenti significativi di grandi organizzazioni economiche e sociali e di autorevoli esponenti politici – cofondatori l’uno del Pd, l’altro del Pdl –. In entrambi i casi si è trattato non già della proposta o dell’adesione ad un ipotetico piccolo centro ma, al contrario, del contributo essenziale per la realizzazione di un nuovo e grande progetto culturale e politico, del quale si stanno man mano delineando le caratteristiche di fondo.
Si tratta infatti della constatazione innanzitutto del degrado culturale e politico al quale l’Italia tutta è stata condotta sino ad ora proprio in nome di questo bipolarismo, perché l’alternanza non è stata per niente respinta in via di principio, come ha affermato Lorenzo Cesa nella sua relazione introduttiva, non sufficientemente capita da chi parla di bipolarismo e intende bipartitismo. La questione di fondo sulla quale infatti anche gli Stati Generali hanno dimostrato una straordinaria e concreta attualità è proprio quella dell’idea di Italia che si ha in mente.
Nel corso dei 150 anni vissuti all’insegna dell’unità nazionale, molte infatti sono state le idee di unità nazionale di volta in volta considerate vincenti. Oggi sembra posta in dubbio proprio la compatibilità tra unità nazionale e struttura federale dello Stato. È di tutta evidenza che tutte le questioni che hanno posto in risalto dubbi e incertezze per quel che concerne la politica economica, la politica sociale, la politica culturale, la politica istituzionale hanno ad origine proprio lo scontro sull’identità nazionale: quale rapporto tra agricoltura, industria e finanza? Quale rapporto tra lavoro e previdenza? Quale rapporto tra istruzione e territorio?
Non sorprende pertanto che è proprio sull’immigrazione che si registrano gli scontri più virulenti tra Pdl e Lega Nord, perché l’immigrazione è contemporaneamente una questione economica, una questione sociale e una questione culturale.
Un grande progetto dunque che abbia l’ambizione di partire dalla definizione dell’identità nazionale degli italiani per costruire su di essa l’insieme delle scelte politiche che il populismo del Pdl non è riuscito a realizzare e che le drammatiche incertezze del Pd non hanno ancora consentito di dare una risposta idonea per governare l’Italia.
Identità italiana e cultura di governo sono pertanto le due coordinate di fondo del grande progetto che ha registrato a Chianciano un punto di svolta di grande significato: altro che piccolo centro! Altro che tattica dei “due forni”! Altro che velleitaria illusione di successi personali!
Il grande progetto parte dalla constatazione del drammatico fallimento di questo bipolarismo che appare esclusivamente mediatico, mentre l’Italia ha bisogno di essere governata. La proposta che Chianciano ha formulato è dunque un grande progetto di governo dell’Italia nel tempo storico presente.
di Francesco D’Onofrio, tratto da Liberal del 15 settembre