2009-09-26T11:48:00
La scelta strategica dell’Udc in riferimento alle prossime elezioni regionali consiste nel fatto che in ciascuna regione i dirigenti locali del partito indichino, sulla base del proprio programma amministrativo-politico, quale sia la soluzione migliore in vista proprio delle elezioni regionali della prossima primavera. Questa linea strategica non è stata molto probabilmente analizzata in modo approfondito da quanti hanno accusato l’Udc di essere sostanzialmente per la posizione politica cosiddetta dei “due forni”.
Non si tratta per nulla della linea dei “due forni”, intesi in questo caso il Pdl e il Pd quali “forni”, tra i quali l’Udc dovrebbe necessariamente scegliere. Si tratta, invece, di una linea strategica certamente nuova rispetto ad altre linee strategiche che fanno o hanno fatto di volta in volta perno o sugli elettori in quanto tali (si tratterebbe in tal caso di quello che alcuni esponenti del Pdl chiamano “populismo democratico”); o sulla struttura sociale tipica di un sistema industriale (“classe operaia”e relativi partiti di riferimento); o su elementi esclusivamente locali (del tipo proprio di partiti quali la Lega Nord e l’ipotetizzato Partito del Sud).
La proposta strategica dell’Udc non ha nessuno di questi elementi a fondamento della propria indicazione, ma, al contrario, ha la Costituzione repubblicana vigente vista nel suo insieme di intesa basata sulla sovranità popolare non assoluta; sui partiti politici intesi quali libere associazioni nate per determinare la politica nazionale; sulle istituzioni locali amministrative e/o politiche, destinate a divenire sempre più importanti allorché si capirà di quale federalismo fiscale si tratta.
La strategia dell’Udc appare dunque la sola capace di combinare insieme le scelte di fondo che la Costituzione italiana vigente ha fatto, per tale intendendosi il testo costituzionale originario – che comprende partiti e sistema produttivo visto nel suo insieme – e le sue più recenti modifiche che stanno svolgendo in senso sempre più autonomista l’impianto originario della Costituzione medesima. Strategia nazionale dunque appare essere la elaborazione delle scelte politiche di fondo che si presentano agli italiani in quanto soggetti ai quali è rimessa la decisione della politica nazionale medesima. Le intese locali appaiono in questo senso non solo distinte dalla politica nazionale ma anche funzionali per il governo regionale o locale. Non sorprende la difficoltà a confrontarsi con questa posizione da parte di chi ritiene che unico soggetto titolare del potere di governo è il popolo degli elettori, non distinto tra locale e nazionale. Non sorprende del pari che stentino ad accettare questa strategia fortemente innovativa quanti sembrano ancora fermi alle strategie della Prima Repubblica elaborate soprattutto durante i lunghi anni della Guerra Fredda. Fu infatti proprio durante quel periodo che le novità profondamente innovative della Costituzione repubblicana furono in qualche modo congelate perché gli equilibri internazionali presero il sopravvento sulle scelte politiche dei diversi partiti italiani.
Per comprendere in modo adeguato la strategia politica dell’Udc occorre pertanto riuscire innanzitutto ad andare oltre la vecchia logica dei partiti ideologici di classe di tipo sovietico: la difficoltà più rilevante di fronte alla quale sembra arenato lo stesso Partito democratico appare proprio la sua incapacità di andare oltre la vecchia teoria del Pci, inteso quale partito della classe operaia. È come se la transizione iniziata dopo la fine dell’Unione Sovietica – avvenuta ormai nel lontano 1991 – non riesca ancora a trovare un punto di approdo che sia seriamente capace di andare oltre le distinzioni di destra e sinistra proprie di quella antica stagione. E la pretesa del Pdl di fare del solo popolo il soggetto legittimato a governare finisce a sua volta e necessariamente con il non poter convivere con una qualunque idea di partito politico che abbia proprio un’idea diversa del governo del Paese: se Forza Italia sembrava essere riuscita ormai ad andare oltre la vecchia dicotomia destra-sinistra, il Pdl sembra invece del tutto impigliato nell’antinomia tra popolo degli elettori e partito politico, il primo necessariamente identico in sede locale e in sede nazionale, il secondo idoneo a distinguere l’una dall’altra proprio sulla base del programma.
La vicenda regionale appare dunque sempre più intrisa di valori politici di fondo ben oltre la stanca accusa di teoria dei “due forni”, che mai come in questo caso testimonia del difetto culturale a comprendere la nuova strategia dell’Udc quale strategia nazionale e locale ad un tempo, come Luigi Sturzo aveva scritto all’indomani della Costituzione repubblicana: «la Regione nella Nazione».
di Francesco D’Onofrio, tratto da Liberal del 26 settembre 2009