Signor Presidente, ringrazio per la possibilità che mi viene data di esprimere qualche mia valutazione su questo provvedimento. I relatori, che hanno fatto una narrazione puntuale sul disegno di legge di conversione, e i colleghi che mi hanno preceduto mi danno la possibilità di andare oltre la perlustrazione delle norme, che già sono state illustrate ed evidenziate dalle varie posizioni e orientamenti assunti rispetto al provvedimento e ai suoi contenuti più importanti e significativi.
Il collega Naccarato faceva riferimento ai precedenti provvedimenti in materia di sicurezza: tre decreti-legge e un disegno di legge. Questo è l’ennesimo provvedimento che esaminiamo e affrontiamo su un tema estremamente delicato e importante. Quando si verificano questi momenti bisognerebbe coglierli in tutta la loro portata e in tutta la loro peculiarità, rispetto anche alla gravità delle situazioni; anche la discussione sulle linee generali dovrebbe rappresentare quanto meno un’occasione non in un’Aula che (come a volte accade) è quasi deserta, ma in un’Aula che vede partecipazione e coinvolgimento. È per questo motivo che ringrazio i colleghi Pag. 55che sono presenti, ma ringrazio soprattutto la relatrice per la I Commissione e il relatore per la II Commissione che hanno illustrato il provvedimento.
Non è che abbia ben compreso questo provvedimento (mi rivolgo al sottosegretario, che saluto con molta cordialità). Certamente vi si trovano dei percorsi importanti con riferimento ai quali andiamo a fronteggiare situazioni di pericolosità. È stato evidenziato l’aspetto relativo alla violenza negli stadi e alla collocazione degli steward, con una specificazione ulteriore del loro compito, così come delle responsabilità delle società sportive. Ritengo che questi aspetti debbano essere valutati in termini esaustivi. Infatti, l’approccio sugli stadi – ovviamente ricordo che il Ministro Pisanu affrontò a suo tempo questa problematica – è sempre stato un po’ timido, perché, come sempre accade, soprattutto, quando si devono assegnare responsabilità alle società sportive, c’è sempre il timore di potere andare contro a non si sa che cosa. Invece, in questo caso si evidenziano come elementi più importanti la sicurezza pubblica, la tutela dei cittadini, il buon svolgimento delle attività e delle gare agonistiche.
Questo provvedimento, per dire la verità, si intrattiene molto di più su quelle che sono le attività antagonistiche, ma, come evidenziava anche qualche collega, ritengo che qualche valutazione in più poteva essere fatta per quanto riguarda la prevenzione e il coinvolgimento sempre maggiore delle società sportive nella prevenzione, perché ci sono alcuni club che sono veramente un concentrato di violenze, che sfociano, molte volte, in fatti ed atti inconsulti e non controllati. Questo è un aspetto che voglio evidenziare con estrema tranquillità.
Certamente, è importante il mantenimento in vigore, fino al 30 giugno 2013, della disposizione in tema di flagranza differita: questo è un aspetto che è stato sottolineato e che è stato marcato con molta enfasi sia durante le sedute delle Commissioni riunite, sia in quest’Aula.
Poi vi è un aspetto da sottolineare, e chiudo anche su questo argomento: relativamente alla parte del provvedimento in cui si legge che, con decreto del Ministro dell’interno, sono stabilite le condizioni e le modalità per l’affidamento dei compiti di cui al comma 1 – parliamo sempre degli steward -, abbiamo tentato di dare un contributo affinché vengano individuati i servizi, le condizioni e le modalità per il loro espletamento. Infatti, non si comprende la dicitura «le condizioni e le modalità»: già, a volte, i compiti degli steward rientrano in un’area grigia, impalpabile, molto dubbia e imprecisata, per cui ritengo che il decreto del Ministro dell’interno dovrebbe definirne i servizi, i compiti ed il ruolo preciso.
Oltre a questo, abbiamo contribuito anche relativamente all’ultima parte del comma 2 dell’articolo 2, dove si prevede che «il decreto è sottoposto al parere delle Commissioni parlamentari competenti che vi provvedono entro trenta giorni. Decorso tale termine il decreto può essere egualmente adottato». Il Parlamento già non gode di tantissima salute e non è nella centralità del pensiero, anche se formalmente il Parlamento è un’istituzione centrale nella vita politica, sociale e civile di questo Paese. Però, su un aspetto che riguarda la sicurezza, prevedere il silenzio-assenso che si perfeziona dopo 30 giorni, che è un termine perentorio e non ordinatorio, sembra essere, se non una forzatura, la riproposizione di uno schema di norme che valgono per altre fattispecie. Io avrei reso questo aspetto molto più solenne, senza il parere del Parlamento e delle Commissioni ma con un termine se vogliamo ordinatorio. Bisogna anche avere rispetto e, soprattutto, fiducia nelle Commissioni di merito, che sembra siano alla stregua di un ufficio. È come se in questo caso paragonassimo le Commissioni del Parlamento ad un ufficio, ad una gestione amministrativa: se l’autorità amministrativa non dà il parere, il provvedimento si intende andato a buon fine (la fattispecie del silenzio-assenso). Ma ciò vale per l’attività amministrativa e non per quella che si collega all’impegno legislativo del Parlamento.
Il Governo non emana un provvedimento qualsiasi: è un provvedimento che ha una sua configurazione e una sua importanza, dove il concorso del Parlamento non può essere eventuale, perché questo è un concorso eventuale da parte del Parlamento.
Per passare ad altri temi e ad altri problemi che sono stati evidenziati, vorrei intrattenermi un po’ sull’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. I colleghi e la mia amica Jole Santelli sanno che questo provvedimento ha avuto il consenso unanime dell’Aula: lo sanno tutti, non soltanto l’onorevole Jole Santelli, faccio riferimento a lei perché è stata brava e ottima relatrice di questo provvedimento.
Con l’approvazione di quella norma che introduceva l’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, abbiamo rotto una situazione che sembrava sempre più sfilacciarsi e non rispondere alle esigenze per un contrasto reale alla criminalità organizzata. Vi sono state polemiche. Il demanio riteneva di avere espresso e di aver fatto tutto il proprio dovere.
In Commissione antimafia più volte siamo ritornati su questa problematica, perché non si poteva accettare che, tra il sequestro o, meglio ancora, la confisca e l’utilizzazione dei beni, passassero tredici-quattordici anni. Era una situazione un po’ strana, se non paradossale, iperbolica. Infatti, quando passano tredici-quattordici anni, manca lo scopo. Dunque, l’Agenzia del demanio diventava un puro organo di gestione di questi beni, di un volume di beni sequestrati.
Oggi abbiamo un provvedimento che avrebbe dovuto richiamare altri provvedimenti che rispondessero alle esigenze a suo tempo manifestate. Ve lo dico con estrema chiarezza e non per amor di polemica: per come è costruita la norma, c’è una qualche confusione. Ve lo dico seriamente. Mi assale il dubbio: tutto quello che è stato inserito, va in direzione degli obiettivi che la legge fondamentale sull’introduzione dell’Agenzia chiedeva, o vi sono altri tipi di esigenze dove prevalgono più l’amore e l’interesse della pura gestione amministrativa, rispetto all’obiettivo di fondo di una gestione forte dei beni sequestrati?
Io l’avevo già vista a suo tempo o, almeno nella mia mente, avevo immaginato che l’Agenzia dovesse gestire – anche in collegamento e in raccordo con i comuni – questi beni per la loro utilizzazione e, quindi, dare un respiro diverso. Dunque, un’ulteriore normativa avrebbe dovuto dare un impulso diverso. Questo, invece, è un semplice provvedimento, un tentativo di assestamento amministrativo dell’Agenzia stessa. Ve lo dico con estrema chiarezza.
Signor Presidente, signor sottosegretario, porto un esempio: noi avevamo già detto che il personale era insufficiente. Lo avevamo già detto. Ci si disse di «no», che era sufficiente, come primo avvio. Ma che significa, al di là del personale comandato, che si possono fare contratti a tempo determinato in un’Agenzia così delicata? Che significa questo? Il personale dovrebbe essere non dico attrezzato, ma dovrebbe almeno dare garanzie. Veramente non l’ho capito, non sono riuscito a capirlo, se non in un discorso molto largo. E se qualcuno pensa, signor Presidente e signor sottosegretario, di fare dell’Agenzia una succursale di associazioni private, io non ci sto. Non ci sto!Questo diritto di prelazione, dove sembra che l’Agenzia sia un’emanazione di qualcos’altro, al di fuori delle agenzie, al di fuori delle istituzioni, non credo dia un significato alto di espressività, ovviamente rispetto ai compiti dell’Agenzia. Vi è poi la questione del personale raccomandato e la questione del significato di questa dotazione ulteriore all’Agenzia: per farne che cosa? Altre sedi?
Qui dobbiamo chiarirci, signor Presidente e signor sottosegretario. Quando fu scelta e indicata Reggio Calabria come sede dell’Agenzia fu fatto un grande battage pubblicitario. Ci furono dichiarazioni molto forti, ci fu molta enfasi, e invece noi stiamo facendo, prima, una sezione distaccata dell’Agenzia a Roma, cosa peraltro prevista anche dalla normativa principale, e adesso si prevedono altre quattro o cinque sedi distaccate. Che cosa vogliamo farne delle Agenzie? Che cos’è l’Agenzia? Perde sempre più la sua natura, quando vi sono grossi problemi, anche rispetto ad accordi con i comuni, perché il problema non risolto è quello dell’utilizzazione a fini sociali dei beni da parte dei comuni. I beni, che, come si dice, possono essere estrapolati dalle aziende, che sono già in dotazione ai comuni, quelli che sono già a disposizione dei comuni, possono essere utilizzati. Ma se i comuni non hanno disponibilità di risorse? Noi parliamo invece di un autofinanziamento dell’Agenzia rispetto ai proventi dei beni sequestrati e confiscati, mi pare che questo dica la norma. Le utilizzazioni come vengono fuori? È possibile lasciare tutto al volontariato oppure all’eventualità che ci siano delle associazioni? Io ritengo che questo debba essere un processo che accompagni anche il provvedimento che riguarda l’Agenzia per i beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.
Per quanto riguarda la lotta alla criminalità organizzata, e questo credo sia di comune convincimento, questa non ha nella norma semplicemente un fulcro, fondamentale o esaustivo. Ce lo diciamo continuamente, in questi giorni ci sono degli scritti che ripetono cose che noi sappiamo. Se non c’è una grande mobilitazione, se non c’è una grande presa di coscienza certamente la lotta alla criminalità non sarà mai efficace, mai esaustiva, mai forte, mai incidente. Se burocratizziamo anche le Agenzie, e utilizziamo le risorse di queste ultime, non per i fini previsti dalla normativa, ovviamente decade tutto e ci sarà sempre una diffusa sfiducia al nostro interno. Già sappiamo che la lotta che stiamo facendo è quella di far prevalere lo Stato sull’anti-Stato, tanto per utilizzare una parola comune, abusata a volte. Anche il provvedimento sul Mezzogiorno emanato l’altro giorno dal Governo, non credo ci aiuti molto, o aiuti le regioni deboli, le regioni che sono indicate come ricettacolo di criminalità organizzata; dato, tra l’altro che credo sia stato superato, vista l’espansione della criminalità organizzata su tutto il territorio nazionale, è una cosa questa che esisteva in passato.
Questo modesto intervento sul Mezzogiorno, cento miliardi di euro, nonostante gli annunci che sono seguiti, sono risorse parte delle quali ricordo essere rimasugli di quando facevo io stesso l’esperienza al Ministero degli interventi straordinari per il Mezzogiorno nel 1982 e poi con i fondi FAS. Certo che ci vuole una qualificazione della classe dirigente regionale e quindi un coinvolgimento, una responsabilizzazione delle regioni, che devono essere messe in condizione di spendere; certo che ci deve essere un coinvolgimento da parte di tutti, ma questo coinvolgimento non riguarda semplicemente il Ministero dell’interno e il Ministero della giustizia. La lotta alla criminalità e lo sviluppo che bisogna innestare ed innescare nel nostro Paese devono riguardare tutto il Governo, nel suo complesso.
Non è una materia di parte, non è una materia di settore, ma una materia complessiva, perché con questo provvedimento stiamo parlando di criminalità organizzata, come parliamo di violenza, di terrorismo, di atteggiamenti o, soprattutto, di manifestazioni forti e violente.
Signor Presidente, mi avvio a concludere, rispettando quindi l’invito e la sollecitazione fatti da lei, che stimo. Per quanto concerne l’articolo 4, con il quale si integra la composizione della commissione consultiva per l’adozione di misure di sicurezza, quando si prevede che questa commissione dovrebbe essere integrata da un magistrato designato dal Ministro della giustizia per le questioni di sicurezza relative a magistrati, io sono contrario.
Possiamo discutere, se il Governo ci spiega perché quando vi è una questione che riguarda i magistrati deve esserci un magistrato. Perché? Vi è problema di scorte o di automobili? Qual è il problema? Che significa questo discorso? Un magistrato deve avere un suo tutore perché è un cittadino di diverso livello, che ha una sua specificità rispetto agli altri cittadini che hanno bisogno di tutela? Stiamo attenti su questo, come anche sul potenziamento della cooperazione internazionale di polizia trattato all’articolo 5. Per questo comitato per la programmazione strategica per la cooperazione internazionale di polizia, io sono contrario.
Vi è gente che è all’estero, e qui ritorna sempre il problema dell’organizzazione, seria, anche a livello internazionale: non è con un comitato che noi risolviamo i problemi! Risolviamo forse i problemi di qualcuno, ma nella lotta alla criminalità organizzata – l’ho detto più volte, signor Presidente, anche in quest’Aula – abbiamo varie sigle che non sono coordinate tra di loro, e non si raccordano e non si integrano fra di loro. Molte volte queste sigle sono donatori di rendite quasi parassitarie, diciamocelo con estrema chiarezza. Che significa il comitato? Perché devo riprendere e riorganizzare tutto? Quando noi sappiamo che bisogna ancora capire cosa fa l’Europol, l’Interpol, le varie sigle e i gruppi dei reparti specializzati all’interno delle forze di polizia tradizionale. Come si raccordano? Che c’entra questo comitato? Quante organizzazioni interforze abbiamo? Abbiamo una selva di organizzazioni interforze, e se qualcuno, in sede di replica, alla fine della discussione e dell’esame di questo provvedimento, ci dicesse chiaramente quante sigle ci sono per il contrasto alla criminalità organizzata, ci evidenzierebbe chiaramente che se vi è una certa realtà nelle istituzioni preposte al contrasto della criminalità organizzata, questa è più professionalismo che un’organizzazione ben funzionante, intelligente e razionale rispetto a quelli che devono essere gli obiettivi che bisogna perseguire.
Siamo inoltre molto perplessi per quanto riguarda i sindaci e il concorso delle forze di polizia per dare attuazione alle ordinanze adottate dai sindaci ai sensi dell’articolo 54 del TUEL, dove è previsto che il prefetto dispone tutte le misure necessarie al concorso delle forze di polizia locale per dare aiuto al sindaco. Anche su questo bisognerebbe chiarire – l’abbiamo anche evidenziato – perché ho qualche perplessità; come ci sono delle perplessità – e concludo signor Presidente – quando si parla, all’articolo 10, dell’aliquota del 3 per cento nella dotazione organica per quanto riguarda i viceprefetti e i viceprefetti aggiunti, che sono collocati in posizione di disponibilità con decreto del Ministero dell’interno su proposta del capo dipartimento, quando questi devono andare a gestire, per esempio, comuni sciolti per mafia.
Che significa il 3 per cento? E se abbiamo bisogno di più? E perché sono collocati fuori ruolo? Anche questo aspetto dovrebbe un po’ studiato, perché abbiamo avuto molti prefetti e qualche viceprefetto che hanno chiesto la proroga del commissariamento: non vi è dubbio che qualcosa non funziona. Sul problema dello scioglimento dei comuni ho le mie idee: rispetto al funzionamento di questo istituto, affrontiamo tale problematica a margine, perché la norma riguarda i prefetti, i viceprefetti ed i viceprefetti aggiunti collocati fuori ruolo entro l’aliquota del 3 per cento. Se questa aliquota del tre per cento non è sufficiente che facciamo? Riduciamo lo scioglimento dei comuni per infiltrazione mafiosa?
Concludo, signor Presidente. Ritengo che temi e argomenti vi siano. Ovviamente noi ci saremmo attesi un provvedimento diverso. In merito agli altri provvedimenti abbiamo assunto una posizione collaborativa: in questa occasione, ovviamente, non siamo disponibili a collaborare, come abbiamo già dimostrato nelle Commissioni congiunte, attraverso una serie di proposte emendative, alcune delle quali sono state accolte: in materia di tracciabilità, vi è stata una certa apertura e una certa attenzione da parte dei relatori sul mio emendamento 6.14. Passeremo all’esame degli emendamenti stessi e vedremo che tipo di accoglienza avranno questi contributi, ma avremo anche una visione di carattere generale.
Anticipo un’opinione, che non è mia, ma è soprattutto una posizione: siamo molto delusi per un provvedimento come questo, che interviene su aspetti specifici e particolari, forse per soddisfare più esigenze parziali: quello che sfugge, però, è la complessità di una problematica che forse avrebbe avuto bisogno di maggiore attenzione e, soprattutto, di misure più organiche e più concentrate rispetto a lacune ed insufficienze che abbiamo riscontrato.
Svolgo realmente l’ultima considerazione, rispondendo ad un interrogativo, ossia se il provvedimento in esame sia applicabile. Abbiamo approvato giorni fa il provvedimento che impone il divieto ai sorvegliati speciali di fare propaganda elettorale. Qualcuno, oggi, dice che quella legge è inapplicabile. Dobbiamo pure pensarci, come è stato scritto anche su riviste specializzate: questo è un interrogativo che ci poniamo. Noi approviamo le leggi e se non sono applicabili le leggi che approviamo ci dicessero perché. È compito del Governo, quindi (ovviamente, chi ha la responsabilità non è soltanto il Governo ma anche i magistrati), venire in Parlamento e proporre modifiche. Ritengo, però, che questo sia un quesito ed un interrogativo molto forte, anche perché sappiamo che molte norme non sono state rispettate ed applicate, ma se andiamo su questa china, forse rischiamo di scivolare su un percorso e su una strada sdrucciolevole, che privilegia l’aspetto dell’annuncio più che i fatti concreti. Vogliamo, invece, che la lotta alla criminalità organizzata esca fuori dalle ipocrisie e soprattutto dai proclami e sia un costume e un fatto culturale che parta da questo Parlamento e coinvolga tutto il Paese.
On. Tassone sulle misure urgenti in materia di sicurezza.pdf