La decisione concernente il coordinamento parlamentare dei soggetti politici (diversi dal Pd e dall’Idv), che hanno sottoscritto la mozione di sfiducia al governo Berlusconi, è stata vissuta sui principali mezzi di informazione come un evento politico di grande rilievo e, di conseguenza, come un evento politico che può fortemente caratterizzare il prosieguo stesso della legislatura.
Anche se in misura radicalmente diversa per i diversi partiti sottoscrittori della mozione di sfiducia, è infatti di tutta evidenza che il successo parlamentare del governo Berlusconi ha rappresentato l’insuccesso di quanti avevano puntato su una crisi del governo in carica, destinata ad aprire, in quanto tale, una nuova fase politica.
La nascita del coordinamento parlamentare dei diversi soggetti politici promotori di una propria mozione di sfiducia rappresenta, pertanto, un punto di approdo politico rispetto alle attese del passato, anche recente, e un punto di partenza rilevante per il futuro stesso dell’Italia. Il coordinamento infatti si propone – in termini per ora solo parlamentari – quale punto di riferimento di una cultura di governo alternativa sia al Pd sia al Pdl, perché dichiara con forza – che sarà sempre crescente – che per il governo dell’Italia occorre passare dalla cultura di un bipolarismo fondato sul principio politico e costituzionale del “o con noi o contro di noi”, che ha caratterizzato il governo dell’Italia dalla caduta del Muro di Berlino ad oggi per quel che concerne la lunga tradizione comunista, e del”o con me o contro di me”, che ha caratterizzato dal 1994 ad oggi il governo dell’Italia a guida Pdl.
Non si tratta infatti di un terzo Polo, perché non è in gioco una idea geometrica di centrismo, limitata o a una pura e semplice rivendicazione di identità minoritaria o alla logica della trattativa dei posti di governo, che è stata per molto tempo una caratteristica tipica delle correnti, e non solo democristiane. Il coordinamento – noto ora come Polo della Nazione – si propone infatti una radicale contrapposizione alle due culture di governo del Paese, che hanno dominato l’Italia sia a destra sia a sinistra, sia nella Prima Repubblica sia in questa – frettolosamente definita Seconda Repubblica. Il richiamo frequentemente operato all’esperimento tedesco non concerne pertanto una questione puramente tecnica, quale può essere quella di un sistema elettorale, perché si tratta in sostanza dell’affermazione certamente orgogliosa di un modello di governo che ha nella centralità – e non nel centrismo – l’essenza stessa della propria cultura di governo. È infatti dall’inizio di questa cosiddetta Seconda Repubblica che non si riesce più a trovare un punto autenticamente costituzionale d’intesa: questa infatti presuppone proprio la volontà di cercare l’intesa anche tra le parti politiche che formulano proposte alternative di governo.
Il Polo della Nazione è pertanto chiamato ad una prova particolarmente complessa: il punto di unità al suo interno deve sempre più chiaramente risultare la normale disponibilità a ricercare un’intesa costituzionale che concerna sia il territorio italiano (il federalismo deve essere compatibile con l’unità nazionale); sia la politica economico-sociale (l’economia sociale di mercato deve essere vista oggi nel contesto della globalizzazione); sia la geopolitica italiana (integrazione europea da un lato, e centralità del Mediterraneo dall’altro).
In questo percorso si dovranno pertanto affrontare questioni di identità partitica; questioni di adesione strategica ad un disegno politico comune; attesa per le decisioni che il Partito democratico dovrà prendere; capacità di resistenza al richiamo della logica “o con me o contro di me” che caratterizza la cultura politica del Popolo della libertà. Si tratta dunque di questioni tutte molto rilevanti, che richiedono soprattutto dalla dirigenza dell’Unione di centro, la dimostrata capacità di passare da una logica prevalentemente minoritaria ad una disponibilità a dimostrare nei fatti che non di un terzo polo si tratta ma di un nuovo Polo, orgogliosamente teso a proporre agli italiani una cultura di governo del Paese capace di passare dalla logica dell’amico-nemico alla logica di quanti pur essendo avversari politici, non sono anche nemici viscerali.
Il fatto che l’Udc ha saputo passare da una visione modesta, quale era quella della sua collocazione nella Casa delle libertà, alla visione nuova dell’Unione di centro, che ha saputo resistere vittoriosamente alle pretese delle vocazioni maggioritarie, che Pd e Pdl proposero agli italiani nelle elezioni politiche del 2008, rende pertanto oggi possibile il passaggio alla formale proposta di una cultura di governo per l’Italia diversa da quelle che hanno dimostrato di saper vincere le elezioni, ma non di governare il Paese. La nuova fase politica inizia dunque con questo coordinamento.
Di Francesco D’Onofrio, tratto da Liberal del 18 dicembre 2010