Si sente parlare da molto tempo di un “allargamento della maggioranza”. Non vi è alcun dubbio che almeno fino a quando sarà in vigore la Costituzione vigente, occorre che le leggi siano approvate da una maggioranza sia alla Camera sia al Senato. Ed è di tutta evidenza il fatto che sulla base dei risultati pur significativi con i quali sono state respinte le mozioni di sfiducia al governo lo scorso 14 dicembre, non è in alcun modo prevedibile che una maggioranza numericamente sufficiente si possa materializzare anche alla Camera dei deputati. È chiaro infatti che il governo deve poter contare su una maggioranza numerica sufficiente anche alla Camera dei deputati se vuoi cercare di portare a termine i provvedimenti legislativi.
Questo vale per quelli ordinari, per i quali è appunto necessaria una maggioranza favorevole alle proposte del governo. Si comprende pertanto che a partire dallo scorso 14 dicembre il governo è impegnato ad “allargare” la maggioranza che, seppur è stata sufficiente per sconfiggere le mozioni di sfiducia, non lo è per assicurare il passaggio parlamentare delle proposte legislative e delle proposte politiche del governo medesimo. È iniziato da quel momento una sorta di “strabismo istituzionale”: si deve guardare a singoli parlamentari per rinforzare la maggioranza politica del governo in carica, o si deve tendere a nuovi rapporti politici con soggetti politici veri e propri esterni alla maggioranza di governo medesima?
Nel primo caso il cosiddetto allargamento della maggioranza finirebbe con il sostanziarsi in una sorta di “protesi” parlamentare, certamente idonea a consentire al governo il passaggio parlamentare delle proposte da esso indicate; ma in tal caso non si potrebbe parlare di una “terza gamba”, perché è di tutta evidenza che le più svariate provenienze politiche dei singoli parlamentari sarebbero considerate persino ininfluenti per il profilo politico del governo medesimo.
Il progetto politico che aveva dato vita al Pdl aveva infatti ambiziosamente previsto che all’interno di esso finissero con il fondersi l’identità originaria di Alleanza nazionale e quella (mai forse sufficientemente chiarita) di Forza Italia. La rottura di Futuro e libertà per l’Italia con il Pdl ha posto in evidente chiarezza il fatto che il Pdl medesimo aveva finito con il contenere al proprio interno due identità distinte – An e FI – che costituivano in qualche modo “due gambe”, per così dire, di un’alleanza politica con la Lega Nord. È pertanto di tutta evidenza che l’alleanza di governo oggi in carica è rappresentata da “due gambe” soltanto, l’una rappresentata dalla Lega Nord e l’altra costituita da ciò che resta del Pdl dopo la sottrazione della “gamba” rappresentata oggi da Fli.
L’allargamento della maggioranza che voglia politicamente tendere alla integrazione di una “terza gamba” nell’attuale contesto rappresentato dal binomio Pdl-Lega Nord non può pertanto consistere in un puro e semplice “assemblaggio” (per quanto ampio lo si voglia considerare) di parlamentari singoli che verrebbero in tal caso reclutati non in vista di una comune identità politica, ma per l’appunto sulla base di un puro e semplice status di componente della Camera dei deputati. Questa oscillazione tra un allargamento basato su fatti puramente numerici ed un allargamento fondato su ben più rigorose ragioni politiche pone in evidenza in modo persino clamoroso che si tratta sostanzialmente di una alternativa politica tra una pretesa autosufficienza della maggioranza di governo – che finirebbe con l’essere soddisfatta per il solo aggiungersi ad essa di parlamentari singoli e la formale svolta verso una vera e propria ricerca di un’intesa necessariamente costituente, che renderebbe necessario un allargamento della maggioranza di governo al di fuori dei confini numerici della sua originaria struttura politica. Al fondo pertanto la questione ancora una volta concerne la natura profonda del bipolarismo che abbiamo conosciuto dal 1994 in poi, e che si è particolarmente manifestato nel 2008: autosufficienza parlamentare della maggioranza di governo o ricerca genuina di una nuova intesa costituzionale.
Di Francesco D’Onofrio, tratto da Liberal del 12 gennaio 2011