29 GEN – Care amiche, cari amici,
Essere qui oggi è davvero una grande emozione. Questo è il momento in cui i frutti di un lavoro lungo e difficilissimo cominciano a farsi vedere.
Tre anni fa avevamo compiuto una scelta coraggiosa e convinta: rompere lo schema del bipolarismo e presentarci da soli alle elezioni.
L’avevamo fatto per convinzione appunto, ma nemmeno noi sapevamo se quella scelta sarebbe stata capita o se il nostro destino fosse come quello di tanti combattenti in prima linea. Il rischio di essere spazzati via, magari almeno ottenendo il risultato di aprire un varco per qualcun altro, ma comunque spazzati via, era altissimo. E invece non solo avevamo ragione, ma abbiamo vinto quella battaglia. E oggi gli oltre cento parlamentari che sono qui ne sono la dimostrazione.
Ma ancora di più lo dimostra l’attesa e l’attenzione che c’è verso di noi fuori da questa sala: nell’Italia che lavora; nell’Italia dei giovani che protestano perché chi li governa li ha ingannati e gli sta togliendo il futuro; nell’Italia delle famiglie, di un ceto medio che scivola verso la povertà, delle piccole e medie imprese che sono messe in pericolo da una concorrenza sempre più spietata.
Solo di questo oggi avrei voluto parlare. Di Berlusconi non avrei voluto dire nulla. Perché noi siamo il Polo della responsabilità e i suoi toni non ci appartengono.
Noi non diamo ordini ai nostri parlamentari, non minacciamo né insultiamo i conduttori televisivi, non ci dimentichiamo che siamo eletti per rappresentare i cittadini e per servire l’Italia e non per
servircene per i nostri comodi.
Noi rispettiamo i nostri avversari e non utilizziamo le istituzioni dello Stato per colpirli, né ci scontriamo con gli altri poteri dello Stato se non si piegano ai nostri desideri. Non avrei voluto parlare, dicevo, di Berlusconi.
Ma dopo il suo ultimo videomessaggio di ieri sera dal suo mondo di cartapesta sempre più lontano dal Paese reale, almeno una risposta gliela voglio dare. Berlusconi si è dipinto ancora una volta come la
novità della politica italiana. Come sempre, naturalmente, fa tutto da solo. Dice che lui è il nuovo e tutti gli altri sono la Prima Repubblica che ritorna.
Ma forse farebbe meglio a ricordare che senza la Prima Repubblica, Silvio Berlusconi sarebbe un imprenditore brianzolo qualunque.
Ha dimenticato di essersi seduto alla tavola della Prima Repubblica e di aver ampiamente assaggiato tutte le portate.
Senza la Prima Repubblica non ci sarebbe l’Olgettina e Milano 2, non ci sarebbero le sue tv, il suo impero economico e finanziario non esisterebbe.
Silvio Berlusconi è l’ultimo prodotto della Prima Repubblica rimasto sul mercato.
E con i suoi comportamenti irresponsabili, le sue scelte degli ultimi anni, con questo spettacolo triste e indecente che sta dando, ha scelto da solo di essere un prodotto in scadenza.
Dopo quasi venti anni che occupa la scena, dunque, se vuole cercare il vecchio della politica guardi in casa sua.
Noi siamo tranquilli e fiduciosi. E guardiamo avanti. Il nuovo Polo non è il vecchio, è il futuro, è la nuova, unica grande casa dei moderati italiani.
E a Berlusconi oggi diciamo, una volta per tutte, che in questa casa per i populisti non c’è posto.
Perché qui non c’è posto per i protagonisti unici e per chi si sente padrone. Nessuno di noi qui è indispensabile e, infatti, il dibattito sulla leadership non ci interessa né ci può appassionare.
I nostri unici leader sono le idee, i progetti che abbiamo per riformare e modernizzare il Paese. Li porteremo avanti tutti insieme. E anche se qualcuno di noi dovesse perdersi per strada non sarà mai un
problema. Perché ci saranno altri a portare avanti quelle idee. Questa è la nostra forza.
Noi, amici, oggi non siamo qui per scrivere una pagina di cronaca, per cavalcare un’intercettazione imbarazzante.
Non siamo qui per contenderci un titolo in più nella vergognosa guerra mediatica a cui siamo costretti ad assistere, mentre il mondo si scandalizza e ci ride dietro.
Siamo qua per scrivere un pezzo di storia nuova per il nostro Paese.
Siamo qui perché convinti di poter rappresentare la voce in Parlamento di milioni di italiani moderati, accomunati dal buon senso, che di questo spettacolo indecente non ne possono più.
Quegli italiani in carne e ossa che faticano ad arrivare alla fine del mese, quegli imprenditori che pur di continuare a produrre reddito e lavoro per sé e per gli altri fanno i salti mortali ogni giorno, quei giovani che passano da un lavoro precario a un altro per pochi spiccioli al mese. Ragazzi e ragazze veri, pieni di dignità, così lontani da certi loro coetanei che quei soldi li raccolgono in una notte solo per essere presenti alle feste nella villa di qualche potente. Chi è qui a Todi, oggi, non si riconosce nel populismo e nella demagogia. Non si riconosce in partiti e leader che da quindici anni vendono sempre gli stessi grandi progetti di riforma liberale.
Tante promesse, ma poi non fanno nulla: si limitano piuttosto a galleggiare sulle divisioni e sulle paure del Paese, per accumulare enormi fortune con le loro rendite e i loro monopoli. Chi è qui a Todi, oggi, non si riconosce nello spaventoso bluff della Lega, un partito che da venti anni ingrassa su una parola, come se fosse magica. Sulla promessa di rivoluzionare l’Italia con il federalismo.
Ma che poi, alla resa dei conti, si presenta con un progettino senza capo né coda che non ha niente di serio: buono solo a creare confusione e a far pagare ancora più tasse agli italiani. Se lo votino
da soli, se ci riescono! Anche perché cosa dovremmo condividere con chi usa la famiglia strumentalmente per i propri interessi di bottega? Solo poche settimane fa pareva che per i leghisti fosse prioritario sostenere le famiglie.
Conoscendo la nostra attenzione al tema ci avevano anche lanciato un amo: abbiamo pronti 200 milioni di euro per le famiglie. Era poco, ma era comunque qualcosa. Solo che per la Lega quei soldi si sarebbero dovuti spendere solo in cambio di un nostro sì al loro federalismo. Ora quei soldi non ci sono più. Ma stiamo parlando di politica o di un mercatino rionale alle porte di Milano? Noi ci sentiamo lontani anni luce da queste bassezze sulla pelle delle famiglie italiane. Chi è qui a Todi oggi, non si riconosce e non può riconoscersi nel Pdl: un partito che non ha nulla di democratico, nulla di simile ai grandi partiti di tutti i Paesi occidentali.
Noi l’avevamo capito e per questo avevamo respinto l’invito ad entrarci, ma se si vuole sapere qualcosa in più basta chiedere agli amici di Futuro e Libertà che cos’è il Pdl per avere una risposta.
Quello che mi stupisce davvero però è che nessuno tra coloro che sono rimasti in quella caserma abbia il coraggio di farsi sentire, nessuna voce critica si levi, tranne quella di un uomo che ha il senso dello Stato come il presidente Pisanu. La fine del berlusconismo ricorda per molti aspetti la fine di tanti altri periodi storici contrassegnati da singole persone: è una fine che è un po’ tragedia, soprattutto per il Paese, e un po’ farsa. Eppure forse mai come in passato tutto il contorno di persone che ruotano intorno a Berlusconi sembra disposto ad affondare insieme al proprio capo. Posso capire le ragioni della fede, ma allora perché tanti del Pdl ci avvicinano ogni giorno e ci invitano ad andare avanti, a costruire un’alternativa, a dare voce e spazio ai tanti moderati che soffrono il populismo sfrenato del Pdl?
Perché non trovano il coraggio di dire in pubblico quello che pensano e che ormai è evidente a tutti? So che presto o tardi molti di loro arriveranno comunque. Ma non è il caso di abbreviare questa agonia e
dare finalmente una sterzata e dignità al Paese? Ma chi è qui a Todi, oggi, naturalmente, non si riconosce nemmeno nelle timidezze di una sinistra che ha fatto di tutto per cacciarsi da sola davanti ad un bivio.
O un presente senza identità, magari affidandosi alla lotteria delle primarie, dopo aver tentato di frullare insieme la storia di chi, nel secolo scorso, ha avuto ragione, con quella di chi è stato sconfitto.
O affidarsi all’arretratezza di chi la incalza per riportarla nel passato. Chi è qui a Todi, oggi, dunque, semmai si riconosce nella necessità di fermare questo disastroso bipolarismo. Dico “questo”, perché il bipolarismo non è di per sé un male. Ma questo lo è: è la peggiore malattia che l’Italia ha coltivato in seno per sedici anni. E’ la causa delle sue divisioni, di questo incattivirsi di tutti contro tutti che ci ha portato sul fondo delle classifiche della crescita e dello sviluppo. Ecco perché dunque questo bipolarismo è un male: lo è perché è finto, fondato su due partiti fasulli e diviso in opposte fazioni, che lacerano il Paese e lo lasciano impantanato nelle sabbie mobili.
C’è bisogno di costruire un’alternativa, di chiamare a raccolta le tante forze sane del Paese finora tenute lontano dalla politica, perché troppo capaci di ragionare con la propria testa e poco. E il progetto che dobbiamo coltivare, lo ha detto con chiarezza ancora una volta ieri Pier Ferdinando Casini, deve essere quello di chiamare a raccolta tutte le forze sane del Paese, di promuovere, nonostante
gli insulti e la denigrazione, le più ampie convergenze per pacificare l’Italia. Chi è qui, oggi, c’è per convinzione. Tra le molte cose che ci accomunano c’è quella di aver abbandonato tutti le nostre vecchie
comodità per lanciarci in una sfida nuova e appassionante.
Potevamo avere poltrone e onori ma in cambio avremmo dovuto rinunciare alla nostra identità. E accettare di assistere in silenzio allo scempio di questi giorni. Ma quella non è la nostra Italia, quella non è l’Italia! E siamo pronti a dimostrare che il Paese può offrire di meglio e può avere di meglio. Ecco perché non temiamo certo le elezioni: se Berlusconi le vorrà, magari costretto come al solito dall’alleato padrone Bossi, assumendosi tutte le responsabilità del fallimento della maggioranza più larga della storia repubblicana, noi ci faremo trovare pronti. Noi siamo pronti. E lanceremo il nostro programma per governare e cambiare
l’Italia.
Ma noi, proprio perché siamo una forza e una coalizione responsabile, non auspichiamo ancora le elezioni.
Speriamo ancora in un soprassalto di realismo da parte della maggioranza: ci auguriamo ancora che ci si renda conto che così non si può andare avanti e occorre governare il Paese e non abbandonarlo a se stesso come si trova ora. I rischi della speculazione internazionale non sono finiti. Il nostro debito pubblico continua a salire. Quest’anno dovremo collocare sui mercati internazionali 300 miliardi di euro di titoli del debito, più di ogni altro Paese europeo: noi non ci stiamo a giocare sulla corda dell’equilibrista. Vogliamo tenere l’Italia, gli italiani e i loro risparmi al riparo. E chi non lo farà dovrà
risponderne davanti al Paese. Con lo stesso impegno lavoriamo e lavoreremo a rafforzare il nuovo Polo per l’Italia. Perché chi si ritrova oggi qui, in questa prospettiva ha creduto davvero, mettendo in gioco tutto se stesso. L’abbiamo fatto noi dell’Udc, tre anni fa. Con coraggio, tanto coraggio. E oggi l’hanno fatto tutte le altre forze politiche che sono arrivate fin qui: gli amici di Fli, dell’Api, dell’Mpa, i tanti movimenti che si sono avvicinati a noi. Una sfida che ancora qualche mese fa appariva temeraria e che ora, invece, è meravigliosamente concreta. Oggi, amici, non è il momento di rivendicare primogeniture, che non servono a nessuno. Non è il momento delle liti, delle piccole beghe di parte, di pensare al proprio orticello.
Dobbiamo pensare in grande! Dobbiamo lavorare senza sosta per costruire un progetto di
modernizzazione del Paese, per tirarlo fuori dalle secche della crisi, per restituire dignità e senso alla politica. Conta essere insieme. In Parlamento, dove dobbiamo dimostrare giorno dopo giorno assoluta coesione e coerenza nei comportamenti e negli atti parlamentari. Ma soprattutto dobbiamo essere insieme alla gente: quando andiamo a parlare agli italiani, nelle città, nei piccoli comuni, al nord come al centro e al sud: dimostrando di essere capaci di parlare dei loro problemi e non di quelli di una politica insopportabile che ormai sa solo parlarsi addosso. Dobbiamo riaccendere la speranza degli italiani, parlare di merito, di riforme economiche, di sviluppo, di liberalizzazioni, di tagli degli sprechi e dei privilegi, di famiglia, di valori e tradizioni che formano il patrimonio comune della nostra Italia, di apertura dei
mercati, di solidarietà.
Dobbiamo farci promotori, forse prima di tutto, di un recupero della moralità nella vita collettiva del Paese, raccogliendo gli appelli della Cei. Perché una società amorale è una società destinata all’autodistruzione. E noi, laici e cattolici insieme, abbiamo gli strumenti, il bagaglio culturale e la forza per arrestare questa
deriva.
Dobbiamo dunque avviare un cammino condiviso, facendoci trovare pronti fin dal primo appuntamento che ci attende, quello delle amministrative, dove il nuovo Polo per l’Italia affronterà il primo vero, banco di prova.
Il mio appello a tutti noi è di continuare a lavorare su questo progetto senza paura e con assoluta convinzione. Per quanto mi compete posso assicurare che noi dell’Udc lo faremo ovunque.
Al centro come in periferia, pronti a dialogare con tutti voi e a costruire candidature e progetti seri e vincenti per arrivare a governare nelle città e nelle province.
Abbiamo un grande futuro davanti a noi. E so che gli oltre cento parlamentari che sono qui oggi, presto saranno molti di più. Altri arriveranno dai due poli ormai allo sbando. E molti altri ancora si uniranno a noi quando ci presenteremo alle elezioni: perché, ne sono sicuro, gli italiani non ci faranno mancare il loro consenso e il loro sostegno. Perché una cosa ci è chiara e credo che presto sarà chiara agli italiani: il nuovo Polo per l’Italia è la vera e unica grande speranza di riscossa che il nostro Paese merita. Non possiamo fallire. Dobbiamo dare un nuovo Governo a questo Paese. Il primo della Terza Repubblica.
Sarebbe il miglior regalo per i nostri figli. Che è insieme anche un obbligo per noi padri:farli crescere in un’Italia migliore.
Grazie