Si stanno levando significative ammissioni di una radicale contrarietà ad alcune esperienze di multiculturalismo che avevano segnato in particolare la politica dell’immigrazione di Gran Bretagna, Germania e Francia. Alcune recentissime dichiarazioni di Cameron per quel che concerne l’esperienza britannica; della Merkel per quel che concerne la Germania; e – anche se indirettamente – di Sarkozy per quel che concerne la Francia sembrano voler esprimere persino l’ammissione di avere sostanzialmente sbagliato nell’impostare la specifica politica dell’immigrazione proprio sulla ipotesi di una “integrazione multiculturale” dei rispettivi Paesi.
Per quel che concerne l’Italia le stesse difficili celebrazioni dell’Unità nazionale stanno ponendo in evidenza non soltanto aspetti esclusivamente territoriali dell’unità medesima (basti pensare alla sottile contrapposizione tra “Padania” e Italia), ma anche una significativa questione concernente l’identità culturale dell’Italia tutta. Le recentissime conseguenze dei sommovimenti socio-istituzionali soprattutto tunisini stanno facendo porre la questione della politica dell’immigrazione italiana in termini non soltanto di contenimento quantitativo degli immigrati cosiddetti extracomunitari, ma anche di rapporto più largo tra l’Italia tutta ed i moti di trasmigrazione che possono investire l’Italia soprattutto dall’Africa.
Allorché si parla di multiculturalismo occorre pertanto avere riferimento alle specifiche storie coloniali di tanti Paesi europei: vi è stato infatti un “multiculturalismo britannico” legato soprattutto all’esperienza coloniale indopakistana della Gran Bretagna medesima; vi è stato un multiculturalismo più tendente all’assimilazione per quel che concerne il rapporto tra la Francia e gli Stati del Maghreb; vi è stato un multiculturalismo tedesco legato soprattutto alla immigrazione turca in Germania dovuta non a ragioni di colonialismo istituzionale tedesco, ma prevalentemente a ragioni economiche e lavorative. Siamo pertanto in presenza più che di una scelta di modello culturale, di una conseguenza dell’esperienza coloniale o economica di questi grandi Paesi europei.
Per quel che concerne l’Italia occorre pertanto fare riferimento ai modi, anche profondamente diversi, con i quali è stato vissuto da un lato il grande fenomeno della emigrazione di tante parti d’Italia verso Stati stranieri anche molto diversi tra di loro (basti pensare alla enorme differenza tra Stati Uniti e Belgio da un lato e tra Germania e Australia dall’altro), per capire che è difficile parlare di un indistinto flusso migratorio italiano all’estero. Anche rilevantissime differenze si possono constatare per quel che concerne le grandi differenze endo-italiane proprio per quel che concerne l’immigrazione medesima (si pensi alle differenze esistenti tra l’originaria emigrazione ligure e la successiva emigrazione campana; tra l’emigrazione veneta e l’emigrazione pugliese, tanto per fare due esempi soltanto della grande tradizione migratoria italiana). Allorché pertanto si intenda affrontare la questione del rapporto tra le politiche dell’immigrazione che l’Italia sta sperimentando sfoltanto da pochi decenni e un orizzonte multiculturale, occorre comprendere la ragione di fondo che induce a ritenere in senso negativo l’ipotesi stessa di questo orizzonte per quel che concerne l’immigrazione in Italia. Occorre infatti avere presente che l’Italia mostra una particolare specificità identitaria radicalmente connessa al significato che nell’intera storia nazionale ha avuto la formazione culturale cristiana, nella sua specifica declinazione cattolica.
La contrarietà ad una impostazione multiculturale della politica dell’immigrazione deve pertanto fare i conti con questa forte specificità culturale italiana diversa sia dal razionalismo illuminista francese, sia dall’individualismo britannico, sia dal multiculturalismo statunitense vissuto fin dall’origine con la nota espressione di “melting pot”, sia dal tendenziale primato economico tedesco, che contiene anche una sorta di legame con l’identità culturale della Germania medesima.
Non sorprende pertanto che l’Europa stia conoscendo una grande difficoltà nell’affrontare i problemi delle conseguenze europee delle insurrezioni magrebine o egiziane che siano: al fondo del problema vi è proprio la questione non risolta della identità complessiva dell’Europa. Il fatto che in tempi molto recenti si siano pertanto ascoltate in Gran Bretagna, in Germania e in Francia voci decisamente contrarie al multiculturalismo quale strategia di fondo di una nuova politica dell’immigrazione induce a ritenere che può essere forse proprio il caso italiano quello più idoneo per cercare di conferire all’Europa tutta una linea culturale di fondo contraria al multiculturalismo non per ragioni razziali ma per ragioni identitarie, sempre che queste riescano a trovare una collocazione auspicabilmente stabile.
Di Francesco D’Onofrio, tratto da Liberal del 16 febbraio 2011