La complessa e tormentata vicenda della centrale di Fukushima aveva prodotto in un primo tempo una vasta reazione di paura per l’uso del nucleare a fini energetici e, in un secondo tempo, un più vasto ripensamento complessivo sulla utilizzazione del nucleare per una compiuta definizione di politica energetica in generale. L’Italia viveva una stagione complessa proprio in riferimento al nucleare perché – come è noto – fin dal referendum del 1987 (certamente avvenuto nel contesto della esplosione della centrale di Chernobyl) si era in sostanza adottata una decisione apparentemente conclusiva, ma di fatto “pilatesca” perché non si smantellavano le preesistenti centrali nucleari, pur vietando apparentemente in modo definitivo l’autorizzazione alla costruzione di nuove centrali. Il lungo passare del tempo aveva finito con il far riemergere un dibattito proprio sull’uso del nucleare per la necessaria politica energetica italiana, nella convinzione che l’effetto Chernobyl si fosse andato sostanzialmente illanguidendo. L’emergere di una più generale tendenza alla cosiddetta green economy da parte del neo Presidente Usa, Barack Obama, aveva finito con il riattivare anche in Italia un dibattito sul nucleare capace di mettere insieme la pur contestata sicurezza delle centrali di prima e seconda generazione, e le modalità tuttora incompiute per quel che concerne lo smaltimento dei rifiuti nucleari medesimi.
In questo contesto, il governo italiano aveva ritenuto di proporre una sostanziale politica nuclearista superando le obiezioni interne alla sua maggioranza parlamentare, e collocandosi in sintonia con diverse posizioni nucleariste presenti anche nelle opposizioni di governo e, quel che più conta, sostenute da autorevoli studiosi dell’atomo.
Il passaggio, pertanto, da una prima reazione sostanzialmente di paura – conseguente al recente e devastante terremoto giapponese – alla formale adozione di una pausa di riflessione capace ora di giungere persino alla riproposizione del tema della sicurezza delle centrali nucleari in vista delle determinazioni non ancora assunte sulla ubicazione territoriale delle medesime. Questa ubicazione era stata fortemente contestata sino ad oggi da presidenti di Regioni di diverso schieramento politico, anche grazie alle nuove competenze regionali in materia di territorio e di ambiente. Non sorprende pertanto la recentissima decisione del governo italiano che ha colto al balzo l’occasione fornita proprio da un emendamento di una delle opposizioni parlamentari ed è conseguentemente passato dalla fase della pausa di riflessione alla affermazione della necessità di ulteriori elementi scientifici acquisibili proprio sul tema della sicurezza delle centrali nucleari.
La razionalità complessiva di questa decisione va peraltro collocata all’interno di due questioni: l’una concernente il preannunciato referendum popolare tendente alla abrogazione in quanto tale della stessa legge di delega al governo sul tema del nucleare; l’altra relativa all’imminenza delle elezioni comunali di Milano.
Proprio in riferimento al risultato di queste elezioni, il presidente del Consiglio, che è anche capolista comunale del Pdl, aveva infatti affermato che il voto milanese ha un significato nazionale. Si è venuto pertanto a creare una sorta di corto circuito tra il referendum nucleare fissato al prossimo 12 giugno e il voto comunale di Milano che per quel che concerne il primo turno è previsto per i prossimi 15 e 16 maggio. La questione dell’energia nucleare non si pone infatti in termini di schieramenti politici di centrodestra o di centrosinistra perché – come è noto – il nucleare costituisce oggetto di opinioni fortemente divergenti all’interno di entrambi gli schieramenti. Il voto di Milano, invece, è anche in questo caso visto alla luce della elezione diretta del sindaco, che rende particolarmente significativo il compito di soggetti politici che non fanno capo all’uno o all’altro schieramento, proprio come è avvenuto nel caso del passaggio dalla riflessione conseguente a Fukushima alla decisione di fare della sicurezza delle centrali nucleari una questione non soltanto nazionale.
L’intreccio ulteriore tra nucleare e giustizia, come risulta dal fatto che il referendum fissato al prossimo 12 giugno concerne anche quesiti referendari concernenti l’acqua e il legittimo impedimento, finisce pertanto con il saldare in termini politici il voto milanese con la decisione assunta dal governo italiano in riferimento alla costruzione di nuove centrali nucleari. Si tratta pertanto di un intreccio non conseguente ad una scelta di astratta razionalità scientifica, né ad un effetto-paura conseguente a Fukushima, ma di un fatto di evidente rilievo politico ed energetico allo stesso tempo.
Cultura scientifica ed intelligenza politica sono pertanto necessarie contestualmente: la prima – in tempi anche più lunghi – dovrà essere posta alla base di una scelta definitiva sul nucleare nel contesto di una necessaria politica energetica nazionale non emotivamente motivata; la seconda – in tempi più brevi – dovrà essere dispiegata a Milano non meno che altrove, sapendo proprio che il voto di Milano sarà considerato in quanto tale di valore nazionale.
Di Francesco D’Onofrio, tratto da Liberal del 21 aprile 2011.