Signor Presidente, ho ascoltato con attenzione ed interesse i due relatori, il collega Cicu per la IV Commissione e la collega Stasi per la I Commissione. Mentre li ascoltavo, pensavo a vicende antiche che hanno contrassegnato le Forze armate, ma, soprattutto, all’attività legislativa che ha riguardato e riguarda le Forze armate, le forze di polizia ed il Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Noi ci troviamo di fronte ad un provvedimento che, per alcuni versi, come hanno detto i relatori, fa giustizia rispetto ad un taglio o ad un mancato arricchimento o esborso di risorse per le Forze armate e le forze di polizia. Il riferimento è, certamente, al decreto-legge n. 78 del 2010, più volte richiamato e citato. Ma poi vi è un altro aspetto, un altro dato, ossia il riferimento ricorrente alla specificità dei ruoli e dei compiti delle Forze armate, delle forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Si è anche ricordata con forza l’attività di quest’Aula, ma non soltanto di essa, bensì, come presumo, pure l’attività della IV Commissione. Noi, come I Commissione, certamente lo abbiamo fatto; ecco perché non ho ceduto, come faccio sempre, alle richieste e alle sollecitazioni del presidente della medesima I Commissione, verso il quale nutro grande affetto e grande stima, il quale mi invitava a consegnare il mio intervento. Dovevo esprimere queste riflessioni, ecco perché non ho ceduto.
Che cosa significa un provvedimento di questo genere? Che cosa significa? Siamo tutti soddisfatti perché vi è questo ampliamento del fondo, questa «ricarica» del fondo.
Anzi, un fondo che doveva valere per due anni adesso vale per tre anni e mi pare che nella sua relazione l’onorevole Cicu abbia fatto intravedere questo aspetto importante: in questi tre anni dovrebbero essere destinati 505 milioni di euro, ossia 115 più 115 e il primo anno 195 milioni di euro. Poi, se noi le spalmiamo, tutte queste risorse che vanno alle Forze armate, alle forze di polizia e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco certamente sul piano delle retribuzioni sono modeste.
Poi vi è anche il discorso di come si reperiscono queste risorse, vi è il problema delle missioni internazionali e vi è il problema, ancora, di un arresto delle carriere, delle qualificazioni e degli avanzamenti. Poi si dice che tutto il problema dell’organico e dell’ordinamento verrà attenzionato o, meglio ancora, che successivamente il Governo, dopo averlo attenzionato – non sappiamo quando -, provvederà con un provvedimento legislativo apposito. Non sappiamo se questo provvedimento sarà un provvedimento di urgenza o se sarà un disegno di legge ordinario: questo non lo sappiamo.
Allora, signor Presidente, vorrei capire: è un problema semplicemente di retribuzioni? Se è un problema di retribuzioni, ricordo che qualche collega nelle sedute delle Commissioni congiunte I e IV ha fatto anche un conteggio, secondo il quale a ciascuno degli appartenenti a questo comparto sarebbero attribuiti 25 euro in più (non sappiamo se siano 25 o 26 euro, ma siamo lì). Ma non è questo il punto.
Ecco perché la presenza del sottosegretario al Ministero dell’economia e finanze ci fa molto piacere, però non è un problema solo del Ministero dell’economia e finanze. Lo dico ai colleghi con estrema chiarezza, al di là della simpatia nei confronti del sottosegretario, che ho espresso anche l’altra volta, quando ci siamo confrontati con un atto di sindacato ispettivo in aula. Non è questo: il problema è la disattenzione su un tema che dovrebbe essere certamente oggi attenzionato anche da parte dei colleghi della Commissione IV. Infatti, non è un problema di risorse, a meno che il Ministero dell’economia e finanze, con la scusa dell’esborso o dei mancati esborsi, abbia commissariato questo aspetto.
Ma vorrei tornare sulla specificità: onorevoli relatori, veramente per voi la specificità si riconosce con la corresponsione di un aumento di risorse? Sì, anche con questo, ma l’aumento delle risorse non deve essere livellato, agganciato o collegato al riconoscimento del ruolo e della peculiarità dello status, sia per quanto riguarda le Forze armate, sia per quanto riguarda le forze di polizia, sia per quanto riguarda il Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Tutto questo non c’è. Infatti, se mi si dice chiaramente, rispetto al punto cui facevo poc’anzi riferimento, che parte di queste risorse dovrebbe intaccare il fondo per le missioni internazionali, o almeno il risparmio che si fa sulle missioni internazionali, non c’è dubbio che ritorna un dato, un aspetto importante e fondamentale: quello di non avere mai previsto – e non mi riferisco soltanto a questa legislatura e a questo Governo ovviamente – un capitolo a parte di sostegno e di copertura delle spese a livello internazionale per quanto riguarda le nostre missioni all’estero.
Ma è un altro aspetto quello che fugge e che sfugge: la specificità del ruolo e la peculiarità dei compiti. Io avverto sempre di più con grande disagio questa decadenza forte della struttura delle Forze armate all’interno del nostro Paese.
Le Forze armate, che svolgono il loro dovere in patria e «fuori area», come si suole dire, all’estero e nelle varie missioni, certamente, non sono utilizzate e non sono riconosciute per tutto ciò che possono rappresentare e per le energie morali e materiali che esprimono.
Siamo distanti da quelle che furono le riforme del 1978: la legge n. 382 del 1978 apriva una fase nuova nella vita del nostro Paese, quando le Forze armate si collegavano e si inserivano all’interno della società. Non vi era semplicemente un problema di rivendicazione salariale: è la questione dell’una tantum che mortifica. Non vi era il problema dell’una tantum, ma vi era un problema di forte riconoscimento della presenza del nostro Paese e delle Forze armate, che rappresentavano allora, che rappresentano oggi e che dovranno rappresentare nel futuro l’unità di questo nostro Paese; altrimenti, le evocazioni e le celebrazioni che consegniamo alla nostra storia non serviranno a nulla.
Senza far polemica con alcuni colleghi che hanno presentato un certo provvedimento, vorrei dire che, quando parliamo di specificità, mi riferisco anche ad un aspetto importante ed inquietante relativo ad un provvedimento che prevede venti eserciti regionali. Qualcuno potrebbe chiedermi cosa c’entri l’una tantum con tutto questo e con il provvedimento urgente in oggetto. Dobbiamo capire che le risorse del nostro Paese non devono essere «raccattate» o «rastrellate» come se si trattasse di un’elargizione perché vi sono state le manifestazioni.
La risposta è alle manifestazioni, non è un’esigenza reale sul piano di un riconoscimento degli istituti delle Forze armate, del Corpo di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Pertanto, il problema dei venti eserciti dà il segno e la dimensione forte di una decadenza, ma soprattutto, di una smentita da parte di alcuni settori della maggioranza rispetto alla specificità, almeno, delle Forze armate.
Visto e considerato che si parla di Forze armate, una certa risposta il Governo dovrebbe darcela. Certamente, non mi riferisco al sottosegretario per l’economia e le finanze, ma a coloro che parlano e che oggi sono impegnati, a chi ha responsabilità, a chi ha la titolarità. Infatti, al di là di qualche battuta da parte del Ministro della difesa per quanto riguarda il provvedimento in oggetto, vi è stato poi un silenzio: ma ovviamente, alcune cose le ha consegnate, le ha lasciate, perché vi è chi ci disorienta, vi è chi entra in crisi rispetto a quello che dovrebbe essere, ovviamente, un impegno corale per quanto riguarda il ruolo delle Forze armate.
Con riferimento alle Forze armate e al passaggio dall’esercito obbligatorio all’esercito di volontari, dalla leva obbligatoria alla professionalità, oggi si dice chiaramente – qualcuno dice – che c’è un grande numero di presenze e che bisognerebbe ridurlo. Dunque, è necessario capire e, forse, in questo rientra anche la competenza del Ministero dell’economia e delle finanze: è necessario ridurre gli armamenti e ridurre le spese; poi, vi sono i corpi specializzati che utilizziamo con il turnover per le missioni all’estero, ma sono soltanto quelli. Sì, Salvatore Cicu, sono soltanto quelli. Vogliamo elencarli? «Garibaldi», «Col Moschin», «San Marco»…sì, il nostro Esercito è questo, ma non arriviamo a 176 mila unità, bensì a molto meno. Arriviamo a molto meno: non è questo il riconoscimento. Siamo d’accordo sulle valutazioni che facciamo. Se il nostro Esercito è questo,dico che vi sono solo quelli, tuttavia, vi è anche un problema che riguarda il territorio, che riguarda questo aspetto a cui poc’anzi mi riferivo in ordine al ruolo e ai compiti delle Forze armate. Su questo ci troviamo d’accordo, ci troviamo perfettamente d’accordo.il mio ragionamento era un altro, ossia che, tolte queste professionalità che dobbiamo certamente rafforzare ed arricchire, ci sono situazioni che debbono essere guardate e considerate. Un provvedimento una tantum non credo sia risolutorio. Ho visto che vi sono state anche alcune valutazioni tra il Governo e le Commissioni ed i relatori hanno posto delle valutazioni e delle eccezioni, ma il problema dell’una tantum mi sembra possa essere considerato certamente deflagrante rispetto agli obiettivi complessivi di carattere generale.
Allora, se c’è questo dato, parliamo anche del Corpo di polizia. Prima ho fatto riferimento, per quanto riguarda le Forze armate, alla legge n. 368 del 1978 e ai vari passaggi legislativi per la trasformazione delle Forze armate, all’Esercito di ragazzi che dovevano obbligatoriamente rispondere alla circoscrizione obbligatoria e quindi all’assenza di professionisti e volontari.
Parliamo delle forze di polizia e anche e soprattutto della specificità. Ma non vi viene in mente che, come le Forze armate, la specificità deve essere considerata rispetto al ruolo e ai compiti, rispetto alla professionalizzazione? La specificità era contenuta nello spirito della legge n. 121 del 1981. Emergeva una specificità rispetto alla peculiarità e al ruolo sia per quanto riguarda le Forze armate, ma anche in relazione alle condizioni e allo status di militari che vede alcuni diritti affievoliti. Rispetto alle altre categorie del pubblico impiego, anche le forze di polizia hanno diritti affievoliti, perché l’interesse generale e le funzioni forti sul piano pubblico prevalgono su vicende e su interessi particolari. L’interesse generale è prevalente. Vengono operati un contemperamento e un bilanciamento rispetto alla natura dell’impiego e all’azione che deve essere garantita da parte delle forze dell’ordine.
La formazione e la professionalizzazione sono importanti. Disporre un provvedimento una tantum significa non volere affrontare i problemi, questo è tutto, come se si trattasse semplicemente di una categoria cui vanno elargite delle risorse. Invece, l’impostazione è di carattere generale, tanto è vero che non si capisce come si fa a dire che per quanto riguarda gli avanzamenti e altri aspetti si vedrà. C’è gente che aspetta anni!
Ma non avete capito che c’è anche nel Paese l’esigenza di una soddisfazione materiale, ma che occorre lavorare perché sia sempre di più insita nelle Forze armate e nei corpi di polizia e dei vigili del fuoco l’esigenza di una soddisfazione morale e spirituale? Questo aspetto ormai non viene evidenziato con riferimento all’impiego, alla funzionalità e al rispetto dei compiti delle forze di polizia. Quando parliamo della legge n. 121 del 1981 facciamo riferimento alla mancanza di coordinamento e alla mancanza di informazione. Abbiamo dato i gradi e li abbiamo livellati, però abbiamo abbassato il dato della soddisfazione.
Le forze di polizia che sono tutelate anche attraverso i loro sindacati trascinano le Forze armate che hanno gli organismi rappresentativi (quelli previsti dalla legge n. 382 del 1978) che si agganciano alla trattativa del pubblico impiego. Ma il dato vero è che, per quanto riguarda le forze di polizia, manca un quadro di carattere generale. Abbiamo sempre parlato dell’assenza di coordinamento e di quei gruppi speciali che non si raccordano fra di loro, nonché della disarticolazione.
Molte volte vi è una grande frustrazione anche per quanto riguarda le presenze delle nostre forze di polizia in zone calde, a rischio, sensibili (come si suol dire) che non vengono supportate necessariamente da mezzi, strutture e da strumenti.
Al «povero» maresciallo dell’Aspromonte con pochi carabinieri, al «povero» carabiniere da solo in qualche zona gli possiamo dare anche molto di più di 25 euro, come ha detto giustamente e dirà l’onorevole Cicu, ma essi non vogliono soltanto questo, vogliono anche un riconoscimento e poter fare il loro lavoro, il loro servizio attraverso i mezzi, e ovviamente non contare i litri di benzina. Vi è un’emergenza e non vi è la possibilità di andare avanti, ma c’è anche tutto un problema di rivedere l’articolazione e la struttura delle forze di polizia.
Abbiamo sempre detto che non possiamo lasciare sul territorio le caserme dei carabinieri senza raccordarle e coordinarle, senza tagliare qualche ramo, che è importante e fondamentale, bisogna avere anche il coraggio, bisogna avere una politica per quanto riguarda le Forze armate e il Corpo di polizia perché non è possibile che le stazioni dei carabinieri chiudano alle sette di sera. Ciò non è proprio possibile, non è ammissibile, per cui, rispetto all’esigenza di contrastare la criminalità comune come quella organizzata, credo che bisogna avere una visione di carattere generale attraverso un collegamento e un raccordo molto forte, soprattutto molto più incisivo rispetto anche alle altre articolazioni che ci sono e che si evidenziano all’interno delle forze di polizia.
Più volte ho detto che all’interno delle forze di polizia ci sono varie specializzazioni. Per esempio per quanto riguarda le criminalità o la criminalità ci sono vari uffici che molte volte sono importanti e fondamentali, i quali non si raccordano, e molte volte sono inutili. Con riguardo all’inutilità, se il Ministro dell’economia e delle finanze facesse anche una valutazione sul piano della vera ed effettuale utilità di alcune strutture, sarebbe già un fatto importante e fondamentale.
Per quanto riguarda poi i vigili del fuoco, abbiamo un provvedimento al nostro esame, è vero presidente Donato Bruno? Ci sono stati tre colleghi che hanno presentato delle proposte di legge con le quali tentavano di rompere il circuito del precariato e salvare le professionalità. È venuto da noi il sottosegretario all’interno Nitto Palma, che come al solito fa il suo lavoro con grande civiltà e soprattutto con grande professionalità, portatore ovviamente di notizie ferali per quanto riguarda lo sforzo che i colleghi presentatori di queste proposte di legge avevano evidenziato. Non è possibile, non è più possibile andare avanti con queste proposte di legge perché c’è una situazione di squilibrio.
E noi pensiamo di risolvere i problemi del Corpo dei vigili del fuoco con l’una tantum? Questi sono i problemi! E noi prevediamo l’una tantum? Intanto c’è il grande problema dei vigili del fuoco che dipendono dal Ministero dell’interno però sono utilizzati dal Dipartimento presso la Presidenza del Consiglio, e questa è una situazione drammatica. Poi alcune realtà dei vigili del fuoco non accettano che il Capo del dipartimento venga ad essere un prefetto. Vi è stata una riforma dell’Arma dei carabinieri, con la quale è stata elevata a rango di Forza armata come la guardia di finanza, in cui è ovviamente prevalsa anche nella fase applicativa la nomina di questi comandanti all’interno di queste forze di polizia, dell’Arma dei carabinieri e della guardia di finanza.
Ma questo è un’altro aspetto, certamente. Vi è un dato dove prevalgono gli avventizi, i precari, per i vigili del fuoco che svolgono un ruolo importante e fondamentale, si interessano di tutto, e se uno dovesse andare a vedere quali sono le pluralità dei compiti dei vigili del fuoco si troverebbe di fronte una gamma vastissima di impieghi e soprattutto di attività e di interventi in tutti i campi che riguardano la sicurezza. Pertanto, siccome noi parliamo di questo comparto della difesa, ciò che manca complessivamente nelle forze di polizia e nei vigili del fuoco è una visione complessiva della sicurezza. E con l’una tantum certamente non si va da nessuna parte.
Qualcuno mi potrebbe chiedere a conclusione di questo intervento se siamo d’accordo o meno. Non lo so.
Si può non essere d’accordo principalmente perché c’è l’una tantum, però questo mi inquieta. Infatti, non so se il Governo – mi sto rivolgendo moltissimo ai colleghi – è convinto di aver fatto per intero un percorso politico non di concessione, non di cassa, perché il Governo non è un ufficio postale o un bancoposta che dà il prestito, l’elargizione o il premio. Non lo è e il problema è della politica. Vorrei capire se questa una tantum è un riferimento ad un’azione politica successiva e complessiva rispettano ai nodi da sciogliere oppure no.
Purtroppo, qui non si parla mai di queste vicende. Si parlerà in questi giorni di Libia, degli interventi che si coniugano maggiormente alla risoluzione n. 1973 del 2011 del Consiglio di sicurezza dell’ONU. Ci sono divisioni all’interno della maggioranza, ma non voglio entrare nel merito su questo. Ma dobbiamo considerare anche tali divisioni, il modo di impiegare le nostre Forze armate (perché parliamo di questo) in un certo modo. Partiamo in un modo (ci siamo tutti interrogati), e poi oggi c’è un altro tipo di ingaggio e di intervento per quanto riguarda i nostri aerei. Vogliamo capire, dunque, se c’è uno spazio per parlare anche delle Forze armate che non sono lo strumento, il bancomat del Governo e del Parlamento, per cui se c’è una crisi internazionale, si spinge il bottoncino e si ha il pronto-cassa.
Manca il quadro di una visione complessiva generale. Parliamo di uomini o no? Parliamo di uomini e di esigenze importanti e fondamentali in una strategia politica complessiva all’interno del nostro Paese. Il problema della sicurezza non riguarda semplicemente le Forze armate e il comparto. Noi parliamo del «comparto», che rientra pienamente sul piano culturale nella storia di questo Paese per gli interessi che sono in gioco, per gli appuntamenti che ci interessano profondamente come Parlamento, che interessano – o almeno dovrebbero interessare – voialtri come Governo. Essi dovrebbero essere prevalenti rispetto ad altri interessi che hanno riempito e riempiono costantemente e continuamente i nostri giorni attraverso i mass media e certamente interessano poco la gente, rispetto a quelle che sono ovviamente le esigenze di ritrovare i connotati di un’identità che questo nostro Paese sta sempre più perdendo e va sempre più smarrendo. Ecco perché parlavo di Forze armate, ecco perché parlavo ovviamente dei corpi di polizia e dei vigili del fuoco.
Concludo veramente, appellandomi a due colleghi che sono poi due carissimi amici ai quali poco fa ho detto della mia stima per l’uno e per l’altro. Ma veramente voi o il Governo potete pensare e immaginare di chiudere la partita con i nodi in piedi che riguardano le forze di polizia, i vigili del fuoco e le Forze armate con questa donazione, elargizione o regalia (non so come chiamarla)? Se voi siete convinti e sicuri di questo, io sarò sconvolto, però prenderò atto che c’è una risposta politica di vedere queste problematiche da un certo angolo visuale e di collocarle in una certa marginalità.
Se ci fosse ovviamente l’occasione, partendo da questo provvedimento, chiaramente sarebbe anche utile per chiarirci le idee e per evitare languori, insofferenze e insufficienze. Infatti, se qualcuno pensa di avere così guadagnato qualche mese rispetto a tensioni diffuse in queste realtà si sbaglia di grosso. Queste elargizioni e regalie valgono lo spazio di un mattino, amici e colleghi. Per poco tempo hanno valore e significato. Poi rimarranno i problemi, i grovigli, le disillusioni e gli inganni.
È un Paese, questo nostro, alla ricerca della sua unità e della sua identità ed ha bisogno di Forze armate solide, di Corpi di polizia organizzati e articolati con mezzi e strumenti e di vigili del fuoco dello stesso tipo. Se le risposte sono, come dicevo poc’anzi, i venti eserciti regionali, allora c’è un disegno: quello del federalismo in un certo modo, spinto in un certo modo. Ognuno fa la sua parte con coerenza, ma questa parte non è coerente con la storia del Paese, con la nascita e con lo spirito dell’Unità d’Italia di cui quest’anno celebriamo il centocinquantesimo anniversario e ieri abbiamo anche celebrato la festa di liberazione con quello che ha significato e che deve significare anche oggi nello spirito dei valori che si sono tramandati nel tempo.