D’Onofrio: I ballottaggi ed il Nuovo polo

L’istituto del ballottaggio è parte essenziale del sistema elettorale maggioritario centrato su una singola persona a partire almeno dal 1993. Il cosiddetto referendum Segni aveva infatti puntato sostanzialmente sul voto disgiunto tra lista di partito e candidato sindaco, sì che al ballottaggio sarebbero andati esclusivamente due candidati sindaci, a condizione ovviamente che nessuno avesse ottenuto al primo turno la metà più uno dei voti.
Si tratta in sostanza di un sistema elettorale radicalmente diverso da qualunque sistema proporzionale che avesse proprio nella identità della lista di partito il fulcro sul quale costruire successivamente la stessa elezione del sindaco da parte probabilmente del consiglio comunale. Si tratta pertanto di un sistema elettorale sostanzialmente bipolare con forte caratterizzazione personalistica del candidato sindaco.
La legge elettorale oggi vigente stabilisce questo sistema per i Comuni che abbiano più di quindicimila abitanti, laddove per i comuni minori vige un sistema a turno unico, certamente maggioritario. È opportuno aver presente che la coeva legge siciliana per la elezione dei sindaci non prevede il voto disgiunto, e rende necessaria la previa indicazione di metà della giunta comunale da parte di ogni candidato sindaco, pur mantenendo l’elezione diretta del sindaco medesimo ma con la sua maggioranza, e disponendo il ballottaggio tra i due candidati che siano espressione delle due più alte minoranze. La spinta al bipolarismo personalizzato rappresentava pertanto una scelta di ordine istituzionale prima ancora che elettorale.

Questa scelta non si è realizzata compiutamente né in riferimento al sistema elettorale regionale nazionale vigente fino a quando gli Statuti regionali e le Regioni medesime non stabiliscano soluzioni anche diverse da quella nazionale, e non si è certamente realizzata per quel che concerne il governo nazionale.
La partecipazione ai ballottaggi da parte di chi non risulta concorrere al risultato medesimo comporta pertanto, come fatto del tutto normale, la preventiva indicazione del candidato da sostenere al ballottaggio, e se del caso l’apparentamento medesimo con quello dei due candidati con il quale si realizza l’intesa.
Accettazione del bipolarismo da un lato, limitato agli schieramenti che concorrono ad esprimere i partecipanti al ballottaggio medesimo, ed accettazione della soluzione personalistica della elezione del sindaco, rappresentano pertanto i due punti di politica istituzionale generale che come tale finisce quasi con lo schiacciare la specifica realtà locale che è chiamata di volta in volta a scegliere i propri amministratori comunali: la rigidità nazionale dei due schieramenti finisce infatti con il prevalere sulla specificità amministrativa locale di volta in volta interessata al voto.
In questo contesto la scelta tra i due candidati sindaco al ballottaggio comporta pertanto la sostanziale accettazione di questo specifico bipolarismo personalizzato. La scelta di non dare indicazioni costituisce di conseguenza un aspetto fondamentale di una linea politica che, nel respingere questo bipolarismo, ne prefigura il sostanziale superamento in un contesto elettorale diverso, quale potrebbe certamente essere persino il sistema elettorale nazionale vigente che si fonda su due distinti premi di maggioranza – l’uno alla Camera, l’altro al Senato – con conseguenze particolarmente significative per quel che concerne il governo stesso dell’Italia che – in base alla Costituzione vigente – resta un sistema fondato sulla fiducia al Governo da parte di entrambe le Camere.

La seppur impropria denominazione di “Terzo Polo” costituisce pertanto una sorta di traduzione dell’orientamento politico del Nuovo Polo: non si tratta pertanto di pura questione terminologica, ma di una vera e propria questione politico-istituzionale.
La vicenda elettorale che si concluderà dunque con i ballottaggi fa parte in qualche modo di una ipotesi istituzionale che è rimasta vigente soltanto per l’elezione di sindaci e di presidenti di Provincia: questa molteplicità di sistemi elettorali – l’uno locale; l’altro regionale; l’altro nazionale differenziato per Camera e Senato; l’altro infine per la elezione italiana al Parlamento europeo – è in qualche modo la prova di una febbre istituzionale che continua da almeno diciotto anni, e che concorre pertanto all’uso improprio di una terminologia – quella del “Terzo Polo” – tipicamente bipolare personalizzata, ed in qualche modo anticipa quella del Nuovo Polo, che tende ad un sistema istituzionale anche nuovo rispetto al vecchio sistema proporzionale vigente nella cosiddetta Prima Repubblica.

Di Francesco D’Onofrio, tratto da Liberal del 21 maggio 2011

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