Non risulta che fosse stato previsto un risultato delle amministrative di dimensioni così rilevanti per quel che concerne l’intero sistema politico italiano. Sono pertanto ancora in corso le valutazioni personali e partitiche, locali, regionali e nazionali, del voto medesimo, perché si tratta – come tutti hanno rilevato – di un significativo “scossone” per l’intera vita politica italiana.
Nel contesto delle riflessioni conseguenti al voto è certamente da collocare la recentissima decisione – da parte di Silvio Berlusconi – di prevedere una sostanziale modifica dello statuto del Pdl: la previsione niente di meno che del segretario politico dello stesso Pdl, nel contesto del rapporto probabilmente nuovo che si finirà con il decidere in riferimento sia alla natura del Pdl medesimo, sia alle modalità di selezione dei dirigenti locali, regionali, nazionali ed europei di tutto il Popolo della Libertà. Laddove si consideri che tutte le affermazioni sulla evoluzione cosiddetta bipolare del sistema politico italiano dall’avvento di Forza Italia in poi hanno ruotato proprio sulla questione di fondo (movimenti o partiti?), è di tutta evidenza che le decisioni concernenti la natura stessa del Popolo della Libertà sono destinate ad avere conseguenze anche per tutti gli altri soggetti politici operanti sulla scena politica italiana.
Nelle analisi socio-politiche delle trasformazioni intervenute in Italia – o almeno in significative parti di essa – si è infatti costantemente posto in evidenza il fatto molto significativo del rapporto molto difficile tra soggetti politici organizzati secondo un modello tendenzialmente partitico e soggetti politici operanti prevalentemente in una ottica movimentistica. Non si tratta soltanto di una differenza per così dire politologica.
Questa infatti attiene al rapporto fondamentale esistente tra passato, presente e futuro: la dimensione del tempo muta infatti radicalmente se si opera in un’ottica partitica o in un’ottica movimentistica.
Nella prima infatti sono fondamentali le radici anche antiche rilevanti per il presente, e quest’ultimo è costantemente interessato anche al futuro. Nella seconda, invece, il tempo sembra schiacciato quasi esclusivamente sul presente, qualora non operi in un orizzonte temporale scandito prevalentemente dalle elezioni. In una ottica culturalmente partitica si tratta di solito di operare con le categorie politiche della coalizione di partiti in vista delle scadenze elettorali, con accentuazioni diverse a seconda che si tratti di elezioni locali, regionali o nazionali. In un’ottica culturalmente movimentistica si tende a dare particolare rilievo ai fatti che incidono sui comportamenti delle persone, e quindi degli elettori, finendo con il considerare le elezioni anche una sorta di approdo del movimento medesimo.
I risultati delle ultime elezioni amministrative hanno pertanto posto in evidenza proprio una sostanziale coesistenza di culture partitiche e di culture movimentistiche: i risultati hanno avuto infatti rilievo sia per le spiccate doti personali dei candidati; sia per il modo di comportarsi dei candidati medesimi in riferimento al rapporto tra movimenti e partiti; sia per il rapporto tra politica nazionale in generale e vicende politiche locali, soprattutto se queste avevano caratteristiche spiccatamente diverse dai temi di fondo della politica nazionale.
Stiamo pertanto assistendo a riflessioni locali, regionali e nazionali da parte sia di quanti sono risultati vincitori, sia da chi è risultato sconfitto. Si tratta infatti di una analisi necessaria per gli uni e per gli altri: per i primi, se vogliono consolidare i risultati vittoriosi delle elezioni considerate; per i secondi, se intendono distinguere fatti ritenuti contingenti da fatti considerati come strutturali.
E’ in questo contesto che assume un rilievo particolare la decisione adottata dal vertice del Pdl in riferimento alla designazione di una personalità trasferita dal governo ad un incarico prestigioso anche se non ancora definito. Il solo fatto che sarà una prossima ed imminente decisione statutaria a definire sia il soggetto nuovo (il Segretario politico) derivante da un’antica cultura partitistica; sia il rapporto nuovo tra una leadership carismatica (che è stata ed è espressione di una cultura prevalentemente movimentistica) e le strutture da definire di qualcosa che dovrebbe assumere come orizzonte temporale non più soltanto quello delle elezioni politiche generali, sta a significare che siamo in presenza di un aspetto fondamentale della questione di fondo: può un partito nascere da un movimento?
Di Francesco D’Onofrio, tratto da Liberal del 04 giugno 2011