D’Onofrio: Governo nazionale e mercati finanziari internazionali

La vicenda della cosiddetta manovra economica di almeno 45 miliardi di euro, da distribuire nei quattro anni che vanno dal 2011 al 2014, è destinata a impegnare il parlamento per alcune settimane. Si tratta infatti di un insieme di interventi economici di entrata e uscita concernenti sia gli enti locali; sia tutte le regioni, a statuto ordinario o speciale che siano; sia le diverse categorie economiche a vario titolo considerate produttive di reddito; sia soprattutto un nuovo contratto sociale tra generazioni, come risulta di tutta evidenza allorchè si considerino da un lato le straordinarie difficoltà dei giovani e dall’altro i trattamenti pensionistici, anche se molto differenziati a seconda del tipo di lavoro svolto e dello specifico incarico ricoperto. Ma al di sopra di tutte queste questioni complicate, sappiamo che vi è un contesto internazionale, sia europeo sia più in generale globale.

La manovra economica ha rappresentato per molti anni un punto decisivo della stessa linea politica complessiva della maggioranza di governo: rapporto tra Stato e mercato da un lato; rapporti tra ceti alti, medi, e bassi dall’altro; rapporti tra le diverse parti del territorio nazionale in fine. Per molti secoli, infatti, la dimensione strettamente nazionale dello Stato ha costituito a un tempo la base sociale, economica e territoriale della stessa linea politica generale che ha caratterizzato appunto le diverse forze politiche che si sono presentate alle elezioni proprio sulla base della combinazione della propria identità specifica e della alleanza di governo alla quale ciascuna di esse intende di far parte.
Da qualche tempo la situazione è andata cambiando, in quanto la dimensione nazionale non è riuscita più a contenere al proprio interno la politica economica generale del Paese. Non si può certo dire che anche in passato non vi sia stata dimensione internazionale capace di condizionare la stessa politica economica interna, ma non vi è dubbio che da qualche decennio a questa parte è cambiato l’equilibrio complessivo tra politica economica interna e politica economica sovranazionale. Questa costatazione è del tutto naturale almeno per quel che concerne il contesto europeo: il processo di integrazione dell’Ue ha infatti attraversato molte fasi, ma soltanto negli ultimi anni ha finito con il condizionare in modo crescente la stessa autonomia nazionale economica.
Si tratta di una vicenda che ha finito pian piano con lo spostare lo stesso punto di equilibrio politico al di fuori del confine nazionale, come stiamo costatando proprio in questi giorni in riferimento alla cosiddetta manovra economica. L’avvento dell’Euro ha costituito una sorta di spartiacque tra la dimensione prevalentemente nazionale della politica economica, e la dimensione prevalentemente europea della politica economica medesima. Si è trattato e si tratta di un lento ma consistente mutamento che sta mettendo in discussione il punto di equilibrio complessivo che anche in Italia si era raggiunto tra economia sociale di mercato e libertà di movimenti finanziari.
Alle radici dell’imponente debito pubblico italiano sta infatti proprio il suo trasferimento da una generazione all’altra, con conseguenze negative per quel che concerne gli orizzonti soprattutto umani delle nuove generazioni. Alle sue radici per altro sta anche la ridotta consistenza del debito privato italiano, per tale intendendosi sia quello determinato specificamente dalle famiglie, sia quello concernente le imprese italiane, a seconda della dimensione necessariamente nazionale o meno delle imprese medesime. Il nuovissimo contesto della globalizzazione espone ulteriormente il nostro sistema economico alle tentazioni degli investitori internazionali, che non hanno il ciclo politico a fondamento delle proprie azioni, perché hanno presente soprattutto la dimensione anche metapolitica della situazione economica complessiva del Paese.
La manovra economica nazionale deve pertanto tener conto dell’insieme e complessivo sistema sociale e territoriale nazionale, nella consapevolezza che le nostre decisioni sono osservate con grande attenzione sia dal contesto europeo, che risulta in qualche modo una sorta di nostro nuovo potenziale sovrano, sia dal contesto più largo degli investitori internazionali anche extraeuropei, che ragionano in termini quasi esclusivamente di profitto e certamente non anche di conseguenze sociali delle decisioni economiche nazionali. Il recentissimo caso della Grecia sta lì a dimostrare che contesto interno, contesto europeo e contesto mondiale non hanno ancora trovato un punto di equilibrio accettabile tra i sacrifici necessari per il contenimento del debito pubblico, e gli interventi altrettanto necessari per assicurare una complessiva crescita dell’economia nazionale.

Di Francesco D’Onofrio, tratto da Liberal del 29 giugno 2011

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