Siamo in presenza di una straordinaria varietà di dichiarazioni e di iniziative concernenti il federalismo, spesso in radicale contrasto le une con le altre. Da un lato, infatti, vi è chi afferma che il federalismo fiscale è in marcia, e che sta per essere anticipato di un anno, contestualmente a quanto previsto dalla manovra finanziaria. Al contrario, vi è chi afferma che ormai il federalismo è morto, proprio in conseguenza della medesima manovra. Da un lato, vi è chi pone l’accento prevalentemente su questioni di spesa (come nel caso della aggregazione dei comuni più piccoli, e dei risparmi conseguenti alla soppressione delle province). Al contrario, vi è chi pone l’accento prevalentemente sulla identità, che evidentemente prescinde dalle dimensioni demografiche di comuni e province. Da un lato, vi è chi parla di federalismo inteso quale sostanziale riduzione quantitativa e qualitativa dei tradizionali ministeri romani. Al contrario, vi è chi propone il trasferimento da Roma di taluni di questi ministeri, in nome di una mitica Padania. Da un lato, vi è l’attuale testo dell’articolo 118 della Costituzione che afferma che tutte le funzioni amministrative spettano ai comuni, salvo quelle che sulla base della sussidiarietà (in questo caso istituzionale), sono attribuibili alle province, alle regioni o allo Stato. Al contrario, vi è chi vuole una sostanziale riduzione delle funzioni pubbliche a chiunque siano attribuite per aprire spazi crescenti alla sussidiarietà (in questo caso orizzontale), fino al punto di giungere ad una mitica “big society”.
La contraddittorietà tra tutte queste affermazioni non potrebbe essere maggiore, proprio perché si tratta di proposte di volta in volta considerate al di fuori di un unico grande disegno istituzionale e politico. Non vi è dubbio infatti che ogni volta che si tratta di enti locali, si è in presenza sempre e comunque della idea stessa che si ha dello Stato.
Identità ed efficienza sono pertanto due questioni rigidamente intrecciate ogni volta che si intende discutere delle funzioni dei comuni; della loro consistenza demografica; delle province intese quali enti rappresentativi ed elettivi di comunità ritenute esistenti; delle regioni sia in riferimento alle funzioni loro proprie, sia alle dimensioni che ciascuna di esse deve avere per poter essere considerata parte costitutiva di un ordinamento che si afferma voler essere federalistico. Si tratta di questioni che richiedono una visione complessiva proprio di quel rapporto tra pubblico e privato, che ha rappresentato un punto fondamentale di riflessione della filosofia politica degli ultimi secoli, e che deve essere posto a fondamento delle scelte politiche, nel momento in cui si affrontano temi delicati e fondamentali quali sono i temi che concernono l’identità e l’efficienza degli enti locali medesimi. Si tratta ancora una volta di una visione complessiva della società e dello Stato che oggi deve essere necessariamente condotta nel contesto del processo di integrazione europea da un lato, e della nuova centralità mondiale del Mediterraneo dall’altro.
Le questioni del cosiddetto federalismo fiscale finiscono pertanto con l’essere strettamente intrecciate con quelle del federalismo istituzionale: le prime, infatti, attengono alla ripartizione delle risorse finanziarie tra i diversi strati del potere pubblico, considerato proprio alla luce della cosiddetta “sussidiarietà istituzionale”; le seconde attengono al modo di concepire la ripartizione delle funzioni pubbliche medesime e ai suoi rapporti con l’autonoma organizzazione della società, alla luce della cosiddetta “sussidiarietà orizzontale”.
Questo intreccio fa parte pertanto della necessità di affrontare le questioni del riordino istituzionale italiano in termini di visione complessiva dello Stato. Si possono certamente seguire itinerari parlamentari distinti per specifiche questioni, ma non si può contemporaneamente affermare da un lato – nel contesto di un perdurante e misterioso federalismo fiscale -, che si prevedono risorse finanziarie abbastanza casuali per le province, e, dall’altro, prevedere la soppressione stessa delle province a seconda delle loro dimensioni demografiche ed orografiche; non si può parlare costantemente di sussidiarietà, senza chiarire contestualmente se si tratta di “sussidiarietà istituzionale” o di “sussidiarietà orizzontale”.
Federalismo fiscale e federalismo istituzionale possono pertanto essere oggetto di iniziative parlamentari distinte, ma devono essere comunque pensate insieme.
Di Francesco D’Onofrio, tratto da Liberal del 16 settembre 2011