Caro direttore,
era prevedibile che certi ammiccamenti del Pd renziano alla pancia del Paese consolidassero il M5S e sfrangiassero la sinistra. Meno prevedibile era che il berlusconismo tornasse sulla scena, più per limiti altrui che per meriti propri. Anche se è percepibile che il centrodestra è un’illusione ottica, una somma senza coerenza politica. E pure gli appelli a fare il Ppe in Italia suonano più come giochi di parole che come programmi politici: il Ppe oggi è diventato un pezzo del problema non la soluzione. Tutte le azioni tattiche degli ultimi anni hanno lasciato intatto lo stallo politico. E questo agitarsi senza pensiero di singoli o gruppi che si compongono e scompongono evocando sigle vuote, riflette l’incapacità a cogliere le domande della storia e il prevalere del gusto della convenienza su quello della sfida. Dovunque si guardi in Occidente c’è sul campo il conflitto tra le libertà individuali da un lato e le aspettative di giustizia sociale dall’altro. Ricomprendere queste due istanze senza tradirle è l’equilibrio perduto delle democrazie. Libertà malintese individualizzano la comunità e ne rompono la trama solidaristica; giustizia sociale malintesa genera sprechi e assistenzialismo. I populismi sono a vario modo una richiesta impaziente di ricomposizione.
Da queste sabbie mobili si esce con un’opzione culturale, non con uno stratagemma. Se essa esiste ne consegue un’organizzazione, non l’inverso. Il cattolicesimo popolare (di cui la Dc è stato uno dei momenti) è un’opzione culturale, fondata sulla persona, ed è un metodo di governo possibile della realtà. Sul piano storico è la cultura che a inizio ’900 ha fronteggiato i populismi costruendo una risposta che consentisse l’affermazione delle nuove libertà in un quadro di eguaglianza sostanziale. Se questo è, ai cattolici popolari oggi non è consentito disertare il campo: hanno il dovere di tradurre quella opzione culturale in proposta di riassetto delle istituzioni locali, qua-le governo della comunità, ed europea, quale governo del-la globalità; e in proposta di ricostruzione dei doveri di solidarietà costituzionali (altro che “flat tax”) come strumento di realizzazione delle libertà personali.
Non ci si può ridurre a fare le comparse in contesti nei qua-li, penso al centrodestra, liberismo e liberalismo, populismo e popolarismo sono ritenuti sinonimi. Né ci si può arrendere all’afasia su questioni fondamentali in cui ha condotto l’innaturale rapporto con la sinistra.
La questione è far rifiorire un pensiero che spieghi sul pia-no storico le cose complesse, senza ridurle nel banale, e riprenda il cammino della democrazia come lo strumento meno imperfetto – il presi-dente Mattarella lo ha detto da par suo – per dare voce e risposta alle angosce esistenziali delle persone.
Giuseppe De Mita
Deputato e vicesegretario Udc